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Desertificazione bancaria, i territori più penalizzati

E un’immagine in chiaroscuro quella che merge dai dati elaborato dal Centro Studi della Uilca nazionale Orietta Guerra sul sistema bancario e assicurativo in Italia e in Umbria. antitetici.

I dipendenti del settore

Settore che vede una ripartizione equilibrata dei dipendenti delle aziende suddivisi per genere (52% circa di addetti di sesso maschile, il 48% di sesso femminile). Meno favorevole risulta invece, come dicevamo, il differenziale retributivo fra gli uomini e le donne, che tocca il 23%. Un dato che si è mantenute sostanzialmente inalterato nell’ultimo decennio. Questo differenziale è presente anche negli altri paesi europei dove emerge che il dato italiano non è fra i peggiori (per es. la Francia sta al 32,1%, la Germania al 26,1%, l’Austria al 26%, con il dato peggiore registrato dalla Repubblica Ceca dove le donne guadagnano -36,4% rispetto agli uomini.

Fra i grandi paesi fanno meglio dell’Italia i Paese Bassi con -22,6%, il Portogallo (-21,5%), la Spagna (-14,1%), il Belgio (-14%, paese nel quale il divario risulta in assoluto il più basso).

Il nuovo quadro regolatorio europea in materia di trasparenza retributiva e le azioni contro le discriminazioni salariali potrebbero in prospettiva ridurre questi divari. Valentina Gallarato, Segretaria Regionale Uilca dell’Umbria, aggiunge alle cause già indicate, le incombenze del lavoro domestico e di cura, che gravano per lo più sulle donne, limitandone fortemente le opportunità di carriera all’interno delle Aziende, con un esplicito riferimento al settore esattoriale, da lei rappresentato. Trasparenza salariale, promozione delle pari opportunità, lotta alle discriminazioni salariali e formazione sulle politiche di genere le leve che possono essere attivate in un’ottica di superamento del problema del gender pay gap.

Banche in Umbria

Altro tema è quello della rete distributiva delle banche, in contrazione sia a livello nazionale che a livello regionale umbro.

In Umbria, a fronte di una popolazione residente di circa 850 mila abitanti sono attualmente operative 317 filiali con un rapporto abitanti/sportelli di 2681. A pesare comunque è l’aumento del numero di comuni dove o non è mai stato presente, oppure è scomparso negli anni lo sportello di una o più agenzia, facendo risaltare il dato di ben 32 comuni su 92, e cioè il 34,8% di piazze non servite dalla banca. Ciò significa che sono circa 49.000 gli abitanti che risiedono in territori dove non è più possibile contare sulla presenza fisica delle banche. Ovviamente le differenze a livello territoriale risultano ancora più marcate, in generale con l’ambito ternano maggiormente penalizzato. Ad esempio, in provincia di Perugia risultano operativi 243. In provincia sono ben 19 i comuni senza banche e cioè: Piegaro, Collazzone, Castel Ritaldi, Sigillo, Fratta Todina, Montone, Monte Castello di Vibio, Valtopina, Monte Santa Maria Tiberina, Costacciaro, Cerreto di Spoleto, Paciano, Preci, Lisciano Niccone, Monteleone di Spoleto, Sant’Anatolia di Narco, Scheggino, Vallo di Nera, Poggiodomo. Nel complesso la popolazione interessata è di oltre 25 mila abitanti, circa il 4% della popolazione residente in provincia di Perugia. Addirittura, peggiore la situazione in provincia di Terni, dove risultano operativi 74 sportelli.

In provincia figurano 13 comuni senza banche e cioè: Montecastrilli, Stroncone, Arrone, Porano, Ferentillo, Calvi dell’Umbria, Montecchio, Monteleone d’Orvieto, Alviano, Montegabbione, Penna in Teverina, Parrano, Polino. Nel complesso la popolazione interessata è di oltre 24 mila abitanti, circa l’11% della popolazione residente in provincia di Terni.

Secondo Luciano Marini, segretario generale Uilca Umbria, questo trend comporta tutta una serie di problemi, che riguardano certamente il settore delle banche, ma ancor più l’economia del territorio, dove si opera ormai senza conoscere in profondità le sue caratteristiche, dove si favorisce lo spopolamento dei territori marginali che rimangono privi di servizi, non solo quelli bancari beninteso, dove il costo del denaro è più elevato e sussistono rischi legati allo sviluppo dell’economia illegale, favorita dall’abbandono degli intermediari creditizi. Riteniamo invece come il sistema bancario risulti centrale e fondamentale per le prospettive di sviluppo di un territorio – l’Umbria – che sta precipitando sempre più verso le regioni meno dinamiche sotto il profilo sociale ed economico.

Luca Cucina, segretario generale aggiunto osserva invece come negli ultimi tempi si stia affacciando un altro fenomeno che riguarda la trasformazione della filiale tradizionale in un mero punto di consulenza, togliendo i servizi di cassa con operatore, sopprimendo quindi un servizio essenziale, di prima necessità per i clienti meno tecnologici, più anziani e meno recettivi alle novità.

Sisma 2022-23, pubblicato il decreto che sblocca i Contributi autonoma sistemazione

Il Governo ha approvato un decreto legge che sblocca i pagamenti del Contributo di Autonoma Sistemazione (CAS) a favore delle popolazioni colpite dal sisma del 9 marzo 2023 e del 9 novembre 2022 in Umbria e Marche attraverso alcune misure urgenti approvate nell’ultimo Consiglio dei ministri e che sono state inserite all’interno del decreto “Terre dei fuochi” approvato dal Presidente della Repubblica e pubblicato in Gazzetta Ufficiale.

“La Regione – spiega la presidente della Regione Umbria, Stefania Proietti – ha continuato a fare sempre la sua parte, a cominciare dall’assegnazione delle risorse ai Comuni e dal seguire incessantemente l’evoluzione della vicenda. Dopo la fine dello stato di emergenza, cioè da aprile in poi, al fine di poter continuare ad erogare il Contributo per l’autonoma sistemazione la Regione ha richiesto al Dipartimento di Protezione Civile nazionale di predisporre condizioni per poter proseguire a garantire il Cas alle famiglie. L’ordinanza è stata sottoposta al vaglio del Mef (Ministero dell’economia e delle Finanze) che ha rilevato la necessità di una modifica di normativa per l’approvazione dell’atto ai fini dell’erogazione del Cas e dopo anche le nostre sollecitazioni abbiamo richiesto e ottenuto l’inserimento di una norma nell’ultimo decreto legge emanato dal Governo. Ieri ciò è avvenuto e quindi con la pubblicazione in Gazzetta ufficiale la Protezione civile disporrà in tempi rapidi l’ordinanza per emanare i Cas”.

La presidente della Regione ha anche interessato il prefetto di Perugia Francesco Zito della questione, in particolare del fatto che 220 famiglie di Umbertide, Perugia e Gubbio erano in attesa del sostegno economico, oltre a tenersi costantemente in contatto con il commissario straordinario per la ricostruzione Guido Castelli per trovare soluzioni alternative in grado di sbloccare l’erogazione del Cas. Ora, dopo l’inserimento del decreto legge, la Protezione civile emanerà l’ordinanza con cui potranno essere assegnati i contributi.

“E’ stato un lavoro di squadra – afferma la presidente – che ha portato ad ottenere il risultato in tempi rapidi così le famiglie colpite dal terremoto del 2023 potranno beneficiare del Cas e pensare alla ricostruzione delle proprie case. Ricordiamo infine che i cittadini interessati dovranno presentare le manifestazioni di interesse entro il 30 ottobre prossimo e come Ufficio speciale ricostruzione coadiuveremo tutte le richieste”.

Umbria nella ZES, Franceschini (Confartigianato): “Si apre una nuova stagione per le nostre imprese”

Il presidente di Confartigianato Imprese Umbria, Mauro Franceschini, accoglie con grande soddisfazione il Disegno di legge che prevede l’estensione della Zona Economica Speciale (ZES) anche all’Umbria. Un traguardo che per Confartigianato segnerà l’avvio di una fase nuova per lo sviluppo dell’Umbria e dell’Italia centrale: “Per anni – ricorda Franceschini – abbiamo subito il drenaggio di iniziative imprenditoriali verso aree più assistite: con i nuovi strumenti che saranno messi a disposizione dalla ZES, l’Umbria, insieme alle Marche, potrà immaginare un futuro diverso, fondato su attrattività, semplificazione e competitività. È un’occasione storica per dare contenuto concreto a quell’idea di ‘Italia Mediana’ che vede proprio nelle regioni del Centro il cuore di una strategia nazionale di rilancio”.

L’estensione della ZES è un passaggio strategico atteso da tempo e che oggi è in vista anche grazie al lavoro portato avanti da Confartigianato a tutti i livelli, nazionale e territoriale. “Abbiamo creduto fin dall’inizio – prosegue Franceschini – nella necessità di colmare un divario competitivo che penalizza le imprese umbre rispetto a quelle di altre regioni già incluse in zone a fiscalità agevolata. Finalmente anche il nostro tessuto produttivo potrà accedere a strumenti di sostegno maggiormente efficaci”.

Le misure previste comprendono agevolazioni fiscali, semplificazioni amministrative e incentivi per l’attrazione di nuovi investimenti: “Sono strumenti fondamentali – sottolinea il presidente – per ridare slancio all’imprenditorialità locale, rafforzare la presenza delle micro, piccole e medie imprese, attrarre nuove realtà produttive e generare nuova occupazione”.

“Confartigianato – conclude Franceschini – ha sempre sostenuto una visione unitaria dello sviluppo nazionale, nella quale anche i territori interni abbiano pari dignità e opportunità. Ringraziamo il Governo per aver dato ascolto alle nostre istanze predisponendo il DDL. Auspichiamo che presto si passi alla fase nella quale i benefici programmati si tradurranno in effetti reali per le imprese umbre e per l’economia regionale nel suo complesso”.

Ok al Conto Termico 3.0: il nuovo decreto in sintesi

Con l’approvazione in Conferenza Unificata, il Ministero dell’Ambiente e della Sicurezza Energetica ha adottato il decreto che aggiorna e potenzia il meccanismo, chiamato Conto Termico 3.0, di incentivazione per interventi di piccole dimensioni, finalizzati all’incremento dell’efficienza energetica e alla produzione di energia termica da fonti rinnovabili negli edifici. Il testo prevede un limite di spesa annua di 900 milioni, di cui 400 destinati alle Pa e 500 per i privati.

“È un provvedimento molto atteso – ha dichiarato il Ministro Gilberto Pichetto – soprattutto dagli enti locali, e per il quale il MASE ha lavorato con grande solerzia. Con le novità introdotte puntiamo a migliorare l’efficienza degli impianti termici negli edifici: una leva fondamentale per raggiungere gli obiettivi di decarbonizzazione e contenere i costi dell’energia. Con il Conto Termico 3.0 rendiamo più semplice, accessibile ed efficace uno strumento già apprezzato da amministrazioni pubbliche, imprese e cittadini”, ha concluso Pichetto.

Il nuovo decreto in sintesi

Il nuovo decreto semplifica l’accesso al meccanismo, amplia la platea dei beneficiari, aggiorna le tipologie di interventi agevolabili e le spese ammissibili, tenendo conto dell’evoluzione tecnologica e dei prezzi di mercato.

Sono potenziati anche gli interventi ammissibili in ambito terziario.

Tra le principali novità introdotte vi è l’estensione dei beneficiari, con gli enti del Terzo Settore equiparati alle amministrazioni pubbliche. Sono aggiornati inoltre i massimali di spesa, specifici e assoluti, per adeguarli ai nuovi costi di mercato.

Il perimetro degli edifici coinvolti per gli interventi di efficienza energetica, finora riservati alla PA, è ampliato anche agli edifici non residenziali privati.

In aggiunta agli interventi già previsti, quali l’isolamento termico, l’installazione di pompe di calore o di collettori solari, sono incentivabili nuove tipologie di intervento quali ad esempio gli impianti solari fotovoltaici con sistemi di accumulo e colonnine di ricarica per veicoli elettrici, purché installati congiuntamente alla sostituzione dell’impianto termico con pompe di calore elettriche.

Il nuovo decreto riconosce una copertura media del 65% delle spese ammissibili che arriva al 100% nel caso di interventi realizzati su edifici pubblici in comuni fino a 15.000 abitanti, scuole pubbliche, ospedali e strutture sanitarie pubbliche, comprese quelle residenziali, di cura, assistenza o ricovero.

Viene introdotta la possibilità, per soggetti pubblici e privati, di accedere agli incentivi anche attraverso Comunità Energetiche Rinnovabili (CER) o configurazioni di autoconsumo collettivo.

Il Gestore dei Servizi Energetici (GSE), responsabile dell’attuazione del meccanismo, provvederà all’aggiornamento del portale informatico per la presentazione delle richieste entro 60 giorni dall’entrata in vigore del decreto.

Umbria nella ZES, Mencaroni: “Offrirà importanti opportunità di crescita”

Esprime soddisfazione, il presidente della Camera di Commercio dell’Umbria, Giorgio Mencaroni, per il provvedimento con cui il Governo ha ampliato alle Marche e all’Umbria la ZRS (Zona Economica Speciale) unica, che offre la possibilità di incentivi, sgravi fiscali e semplificazione burocratica per le imprese.

“Offrirà importanti opportunità di crescita alla regione attraverso una maggiore capacità di attrazione degli investimenti”, spiega Mencaroni. Che rileva come “l’Ente Camerale abbia da sempre sollecitato questo ingresso con convegni, richieste e prese di posizioni pubbliche. Un ruolo importante, quello che svolge il sistema camerale nella ZES, perché il SUAP (Sportello Unico Attività Produttive) della Zona Economica Speciale è gestito da Unioncamere, in sinergia con le Camere dei territori interessati, e impostato per dare concretezza alla sburocratizzazione per aumentare la capacità di attrarre investimenti”.

Inflazione e incertezza, in Umbria si risparmia meno che nel resto d’Italia

In Umbria si risparmia meno che altrove. Meno della media nazionale, meno delle altre regioni del Centro, meno di tutte le regioni del Centro-Nord, anche se più delle realtà del Mezzogiorno d’Italia. L’indagine del Centro Studi delle Camere di commercio “Guglielmo Tagliacarne”, in collaborazione con Unioncamere, integrata dalle elaborazioni della Camera di Commercio dell’Umbria, conferma che il Cuore verde d’Italia resta una regione a bassa propensione al risparmio, anche se – come il resto d’Italia – ha visto crescere questo tasso per motivi di natura difensiva. Le famiglie umbre risparmiano poco, ma cercano comunque di mettere da parte quel che possono. È una risposta razionale a un contesto sfavorevole, non un segnale di miglioramento. E, finché non miglioreranno i redditi, i servizi e il clima di fiducia, sarà difficile invertire davvero la rotta.

I dati

La propensione al risparmio delle famiglie umbre si attesta al 6,4%, contro una media nazionale dell’8,3% e una media del Centro Italia del 7,5%. Si tratta della percentuale più bassa tra le regioni del Centro-Nord. Nel Centro, la Toscana si attesta all’8,1%, le Marche al 7,5%, il Lazio al 7,2%. Solo le regioni meridionali mostrano dati più bassi, a partire dalla Basilicata (6%) fino a Sicilia e Sardegna (entrambe al 4,5%). In vetta alla classifica si trovano Piemonte (11,2%), Lombardia (10,9%) ed Emilia-Romagna (10,3%).

Il legame tra reddito e capacità di risparmio è forte, anche se non è tutto. In Umbria, secondo i dati del Ministero dell’Economia e delle Finanze, i redditi medi risultano inferiori dell’11,8% rispetto a quelli nazionali. In termini numerici, se il valore medio del reddito italiano è 100, quello umbro si ferma a 88,2. Questo spiega in parte – ma non del tutto – la minore propensione al risparmio: le famiglie umbre hanno meno margine per accantonare risorse. Tuttavia, il comunicato Unioncamere-Tagliacarne sottolinea come non vi sia una correlazione automatica: esistono realtà a basso reddito con elevata propensione al risparmio, e viceversa. A incidere sono molti altri fattori, dalla qualità dei servizi pubblici alla geografia degli investimenti familiari, dal livello percepito di sicurezza economica alla disponibilità di reti sociali.

Anche i dati assoluti confermano il ritardo. Il totale del risparmio accumulato dalle famiglie umbre nel 2023 ammonta a 1.187,9 milioni di euro, pari all’1,1% del risparmio complessivo italiano. Una quota che appare bassa, soprattutto se rapportata al peso demografico e produttivo della regione, che incide tra l’1,4% e l’1,5% sia sulla popolazione nazionale sia sul PIL. In altre parole: l’Umbria contribuisce di più in termini di abitanti e ricchezza, ma meno in termini di risparmio.

Le province

La provincia ternana registra una propensione al risparmio del 6,9%, quella perugina si ferma al 6,5%. Entrambe, tuttavia, si collocano nella parte medio-bassa (Terni) e bassa (Perugia) della classifica nazionale: Terni è 73ª su 107 province, Perugia è 82ª. In valori assoluti, le famiglie del Perugino hanno messo da parte 905,4 milioni di euro, quelle del Ternano 282,5 milioni. Nel confronto interregionale, peggio delle due province umbre fa, nel Centro Italia, solo Viterbo, con una propensione al risparmio del 6,35%. In testa al Centro spiccano invece Firenze (8,9%), Lucca (8,8%), Ancona (8,7%) e Frosinone (8,4%).

Aumenta il tasso di risparmio rispetto agli anni precedenti, ma non è un segnale di benessere, evidenzia la Camera di commercio dell’Umbria. Sia Terni che Perugia hanno migliorato la loro propensione al risparmio rispetto al 2019: Terni dal 6,2% al 6,9%, Perugia dal 5,9% al 6,5%. Tuttavia, questo incremento è parte di una dinamica nazionale e non indica un recupero dell’Umbria rispetto al resto del Paese. È piuttosto la conseguenza di due fattori ben noti e tutt’altro che rassicuranti.

L’inflazione

Il primo è l’inflazione. L’impennata dei prezzi tra 2022 e 2023 ha ridotto il potere d’acquisto delle famiglie e svalutato il risparmio accumulato in passato. Molti nuclei hanno cercato di ricostituire la “scorta reale” di risparmio, risparmiando di più per riportare il livello del proprio “cuscinetto” finanziario a quello precedente, al netto dell’erosione subita. È un comportamento razionale di fronte a un contesto economico instabile, ma non è indice di disponibilità crescente.

L’incertezza

Il secondo, più profondo, è l’aumento dell’incertezza. La pandemia, la guerra in Ucraina, l’instabilità geopolitica diffusa, il caro energia e la pressione internazionale sulle filiere produttive hanno contribuito a generare un clima di profonda insicurezza. Quando il futuro appare minaccioso, le famiglie reagiscono riducendo i consumi e aumentando il risparmio per far fronte a possibili emergenze. È un meccanismo difensivo, che si attiva anche in assenza di risorse elevate, spesso a scapito del benessere quotidiano.

Difficoltà del welfare

A tutto questo si aggiungono le difficoltà del welfare. Sanità (i dati sulle persone che si rivolgono al privato sono in costante aumento), istruzione e assistenza costano sempre di più. Le famiglie umbre, come quelle del resto d’Italia, sono costrette a compensare con risorse proprie il progressivo arretramento dello Stato. Questo significa accantonare quanto possibile in vista di spese crescenti: visite mediche, spese universitarie fuori regione, supporto agli anziani e alle persone non autosufficienti, tariffe per servizi di base come energia, acqua, riscaldamento.

Non si tratta di risparmio orientato all’investimento, ma di risparmio precauzionale. In molti casi, il taglio ai consumi non serve a costruire ricchezza, ma solo a conservare un minimo di margine contro imprevisti percepiti come sempre più probabili. E ciò vale anche per chi, come gran parte delle famiglie umbre, parte già da un livello di reddito modesto.

Il commento di Mencaroni

Commenta Giorgio Mencaroni, presidente della Camera di Commercio dell’Umbria: “Il basso livello dei redditi in Umbria, specchio di un lavoro spesso povero e di profitti aziendali inferiori alla media nazionale, non aiuta certo la propensione al risparmio. Anche se non mancano realtà di eccellenza, il quadro generale impone un salto di qualità. Il vero nodo strutturale è la scarsa produttività: è su questo che dobbiamo agire. Occorre una spinta decisa sull’innovazione, puntando su transizione digitale ed ecologica. Ma per farlo servono competenze e la formazione continua di imprenditori e lavoratori. Tutti temi che conosciamo, ma che vanno affrontati con uno spirito nuovo. Serve un “New Deal” umbro che coinvolga tutte le istituzioni, le forze economiche e sociali e anche il governo centrale, alla cui attenzione va posta con determinazione la questione di aiutare ad evitare quello scivolamento della regione verso il Mezzogiorno, in atto da almeno venti anni. Solo così il nostro sistema economico e sociale potrà davvero cambiare passo e riaprire l’orizzonte di un futuro di benessere”.

Punto sul PNRR, Meloni ha incontrato i tre segretari sindacali umbri

L’assessore regionale Simona Meloni, con delega al Coordinamento delle politiche del PNRR, ha incontrato i segretari regionali delle principali sigle sindacali umbre – Maria Rita Paggio (CGIL), Angelo Manzotti (CISL) e Maurizio Molinari (UIL) – per fare il punto sullo stato di attuazione del Piano nazionale di ripresa e resilienza nella regione.

Nel corso del confronto con le sigle, l’assessore ha illustrato i dati di avanzamento dei progetti aggiornati al 30 giugno, sottolineando come per la prima volta la Regione Umbria si sia dotata di un Manuale di controllo, approvato dalla Giunta, che costituisce uno strumento operativo fondamentale per la gestione e la rendicontazione dei fondi europei.

“Abbiamo voluto rafforzare la capacità amministrativa degli uffici attraverso procedure chiare, condivise e verificabili – ha detto Meloni – perché il nostro obiettivo è garantire un utilizzo corretto, efficace e trasparente delle risorse”.

Un altro tassello importante, ha spiegato l’assessore, è rappresentato dall’adesione della Regione al progetto nazionale “Mille Esperti PNRR”, con il quale verranno impiegate figure qualificate per supportare Comuni, Province e Regione stessa nella gestione delle procedure legate agli investimenti del Piano. “La prossima settimana convocheremo una riunione tecnica con questi esperti per fare il punto sul loro contributo operativo e sulle esigenze più urgenti del territorio”, ha aggiunto.

I segretari regionali, anche alla luce dei dati europei e nazionali di raggiungimento dei target di spesa e avanzamento, hanno chiesto di poter collaborare e contribuire alla realizzazione dei progetti. Per questo l’Assessorato si è impegnato a inviare loro le documentazioni inerenti al materiale fin qui prodotto per un’analisi puntuale e ulteriori confronti tecnici circa le diverse missioni del PNRR. Durante l’incontro, inoltre, CGIL, CISL e UIL hanno avanzato la richiesta di poter partecipare con modalità da definire alle future attività di verifica strategica, anche attraverso un rafforzamento del confronto con la cabina di regia regionale, oggi di natura politica. Questo per un monitoraggio costante e congiunto, anche alla luce della possibile proroga di 18 mesi dell’orizzonte PNRR da parte dell’Unione europea – proroga che tuttavia non ha ancora avuto un passaggio definitivo in Commissione UE.

“L’Umbria farà la sua parte con determinazione, responsabilitàà e visione strategica. Non possiamo permetterci di perdere nemmeno un euro delle risorse PNRR: rappresentano una leva fondamentale per modernizzare i servizi, innovare i territori, sostenere l’occupazione e ridurre i divari. Il confronto con le parti sociali sarà una bussola preziosa in questo percorso”, ha concluso l’assessore Meloni.

Così gli umbri investono i loro risparmi

Come evidenzia la Banca d’Italia nel suo ultimo rapporto sull’economia umbra, nel corso del 2024 i depositi bancari dei residenti in Umbria hanno ripreso ad aumentare. A dicembre l’incremento è stato dell’1,1 per cento su base annua (-1,4 alla fine del 2023).

Vi ha inciso soprattutto la dinamica dei depositi delle famiglie, in calo per quasi due anni e tornata positiva nell’ultimo trimestre del 2024. Le disponibilità liquide delle imprese hanno continuato a crescere, seppure in misura meno accentuata.

Nei primi mesi del 2025 la crescita dei depositi è proseguita. Le preferenze di impiego dei risparmi si sono ancora orientate verso strumenti più remunerativi; è ulteriormente aumentato in misura rilevante il valore a prezzi di mercato dei titoli depositati presso il sistema bancario dalla clientela umbra (16,0 per cento).

L’andamento ha riguardato tutte le principali tipologie di titoli ed è stato sostenuto dalla dinamica dei titoli di Stato italiani e delle quote degli OICR detenuti dalle famiglie oltre che dall’incremento del valore delle azioni in capo alle imprese.

Le indicazioni fornite dall’indagine RBLS confermano una ripresa della domanda da parte delle famiglie di strumenti di raccolta diretta quali i depositi, accanto a scelte indirizzate verso quote di OICR e azioni.

Nel 2024 la raccolta netta dei fondi comuni di investimento dalle famiglie umbre è stata positiva e pari a 293 milioni di euro, in netta crescita rispetto all’anno precedente (51 milioni). Questo andamento è stato favorito in particolare dalla componente obbligazionaria, sia per i fondi comuni con caratteristiche di sostenibilità (fondi ESG) sia per gli altri.

Assegno Unico Universale, in Umbria 2.111 domande

Sono 2.111 (pari al 1,3% del dato nazionale) le famiglie umbre che quest’anno hanno presentato domanda per l’Assegno Unico Universale per 2.567 figli.

Nei primi cinque mesi di quest’anno sono stati erogati alle famiglie italiane assegni per 8,1 miliardi di euro, che si aggiungono ai 19,9 miliardi del 2024, ai 18,2 miliardi del 2023 e ai 13,2 miliardi di erogazioni di competenza del 2022.

Sono i dati contenuti nell’aggiornamento dell’Osservatorio Statistico sull’Assegno Unico Universale (AUU) pubblicato con riferimento al periodo marzo 2022 – maggio 2025, che contiene al suo interno anche i dati relativi all’AUU destinato ai nuclei percettori di Reddito di Cittadinanza (RdC) fino a dicembre 2023.

Sono 6.113.758 i nuclei famigliari che hanno ricevuto l’assegno nel 2025, per un totale di 9.666.991 figli: l’importo medio per figlio a maggio 2025, comprensivo delle maggiorazioni applicabili si attesta su 169 euro, e va da circa 57 € per chi non presenta ISEE o supera la soglia massima (che per il 2025 è pari a 45.939,56 euro), a 224 euro per la classe di ISEE minima (17.227,33 euro per il 2025).

Sul sito dell’INPS le appendici statistiche con i dati completi (https://www.inps.it/it/it/dati-e-bilanci/osservatori-statistici-e-altre-statistiche/dati-cartacei—auu.html ).