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Tag: sindacati

Enel Green Power, presidio contro la chiusura del PT di Terni

Presidio di fronte alla sede di Enel Green Power di Terni organizzato da Filctem Cgil, Flaei Cisl e Uiltec Uil Umbria.

I segretari generali Stefano Ribelli (Fitctem Terni), Ciro Di Noia (Flaei Umbria) e Doriana Gramaccioni (Uiltec Umbria) hanno ribadito, di fronte ai lavoratori presenti e ai giornalisti, che vogliono scongiurare la chiusura del centro di teleconduzione di Terni, che “secondo quanto comunicatoci dall’azienda dovrebbe avvenire alla fine di questo mese”.

“Non ci possiamo permettere la perdita di un centro importante come questo – affermano i segretari -, anche perché si tratta dell’ultimo centro direzionale Enel in Umbria. Se ciò avvenisse, vorrebbe dire che la nostra regione subirà un ulteriore ridimensionamento. Questa scelta, infatti, si va ad aggiungere alla perdita della direzione Area Rete su Perugia (acquisita a suo tempo dalla Marche), allo spostamento della direzione, all’incertezza sul futuro industriale ed al ridimensionamento dei livelli occupazionali di Pietrafitta (malgrado il nuovo impianto manca una visione industriale per il futuro) , alla chiusura dell’impianto di Bastardo (che negli anni ’90 occupava circa 240 unità più l’indotto, ad oggi senza alcun futuro) e alla chiusura sempre su quel territorio del polo di eccellenza di formazione dell’Enel – il Nucleo Addestramento Specialistico a Gualdo Cattaneo. Passando agli assets ternani, oltre alla chiusura del laboratorio misure e prove e teletrasmissioni abbiamo assistito ad un grande ridimensionamento della forza lavoro delle officine di Manutenzione Specialistica che si occupa di manutenzione a livello nazionale (un tempo si contavano 150 unità e oggi meno di 20). In questo caso – informano – abbiamo subito un’esternalizzazione delle attività a vantaggio di aziende esterne prevalentemente di fuori regione. Oltre a questo, sempre sul ternano – aggiungono i segretari -, c’è stata una riduzione anche del personale che presidia e gestisce la manutenzione degli impianti dell’asset della nostra realtà. Questo si riflette sulla sicurezza degli operatori e sulla sicurezza idraulica del territorio. Se venisse meno la conoscenza degli impianti che hanno i lavoratori del posto di teleconduzione sarebbe un aggravante ed un ulteriore rischio per gli operatori degli impianti e delle dighe soprattutto nella gestione delle emergenze idriche (piene e maltempo)”.

Alla luce di tutto questo, i sindacati dicono “no” ad un’ulteriore depauperamento del territorio “effettuato da Enel in modo unilaterale. Noi – affermano – chiediamo per questo la creazione di un tavolo partecipativo e fattivo con le istituzioni locali, regionali e nazionali, per far sì che l’azienda torni ad investire in maniera concreta in Umbria. Chiediamo inoltre a tutte le forze istituzionali, alla Regione in particolare, quale proprietaria della concessione, di lavorare ad un percorso con Enel diverso da quello intrapreso fino ad oggi, in modo che siano incrementati gli investimenti nel nostro territorio con l’obiettivo di accrescere le funzioni attualmente presenti ed aumentare i livelli occupazionali e lo sviluppo del territorio ternano. Dobbiamo tornare al nostro prestigioso passato: per troppo tempo abbiamo assistito all’allontanamento dall’Umbria di centri direzionali e produttivi da parte di molteplici aziende (alcune a partecipazione statale). Tutto questo non possiamo più tollerarlo ma, soprattutto, non possiamo più permettercelo. Oggi, qui, con questo presidio che ha visto una larga partecipazione dei lavoratoti e delle lavoratrici di Enel Green Power, Filctem, Flaei, Uiltec, ribadiscono la loro assoluta contrarietà alla chiusura del posto di teleconduzione di Terni”. Esortando ad una “battaglia istituzionale” a difesa del PT di Terni.

Parla di “scelta miope e dannosa per il territorio” la parlamentare Emma Pavanelli. Presente al presidio insieme all’assessore regionale Thomas De Luca, che a sua volta ha attaccato: “Non siamo ospiti a casa nostra. Metteremo in campo, sin dai prossimi giorni, tutte le iniziative per far rispettare il territorio a cominciare da una ricognizione di tutti gli impianti che sono di proprietà della Regione”.

“La chiusura unilaterale del Posto di Teleconduzione è nei fatti un atto di aggressione irricevibile del nostro territorio – ha proseguito l’assessore De Luca – in particolare verso l’Umbria meridionale che negli ultimi decenni è stata spogliata di asset strategici fondamentali. Un’azione che crediamo sia direttamente conseguente alle scelte della Regione Umbria in merito alle grandi derivazioni idroelettriche sulle future concessioni. Vogliamo rassicurare il concessionario che non faremo nessun passo indietro. Riteniamo che Enel sia un player di fondamentale importanza anche in ottica delle future gare, ma la nostra determinazione a difendere la sicurezza e il futuro del territorio umbro viene prima di tutto. Se Enel volesse andare avanti su questa strada, noi ricostituiremo il Punto di Teleconduzione subito dopo il reingresso della Regione Umbria all’interno della gestione delle centrali”.

Per De Luca il Posto di Teleconduzione di Terni “è un presidio irrinunciabile a tutela strategica del nostro territorio, un baluardo di sicurezza fondamentale”.

In chiusura, l’assessore De Luca ha proposto l’apertura di una cabina di regia con il coinvolgimento dei parlamentari umbri e anche dei membri del governo in cui il punto di partenza sarà la ricognizione di tutti gli impianti del territorio: “La nostra posizione è chiara e ferma: continuiamo a combattere questa chiusura con ogni mezzo disponibile. Se si aprono contenziosi con il territorio andranno affrontati e risolti. Sarà, inoltre, nostra premura inserire nei prossimi capitolati un vincolo di localizzazione in Umbria delle infrastrutture e delle risorse umane utili alla conduzione degli impianti”.

Posto Teleconduzione, nuovo appello dei sindacati per scongiurare la chiusura

Nuovo appello, da parte dei sindacati, alle istituzioni locali e regionali e alle forze politiche, per scongiurare la chiusura del Posto di Teleconduzione di Terni.

“Rispetto alle logiche prettamente economiche e non più sostenibili di Enel, chiediamo a tutti di far prevalere la sicurezza del territorio ternano, la salvaguardia dell’occupazione sul territorio umbro e che si interrompa drasticamente il continuo depauperamento della nostra regione nei confronti dei servizi essenziali e fondamentali”, scrivono i segretari Fabio Mencarelli e Stefano Ribelli di Filctem Cgil, Ciro Di Noia di Flaei Cisl e Doriana Gramaccioni di Uiltec Uil.

“Rispetto a quanto sta accadendo e alle modalità di gestione delle relazioni sindacali/industriali la strategia che Enel sta mettendo in atto in tutte le società del gruppo – spiegano i segretari Mencarelli, Ribelli, Di Noia e Gramaccioni – ha come unico obiettivo quello di anteporre logiche finanziarie e di risparmio a ogni costo rispetto al servizio primario che dovrebbe fornire. I costi di gestione del personale sono irrisori (circa l’8% del bilancio globale, Enel risulta ad oggi una tra le aziende più efficientate), nonostante le entrate garantite dalle quote che Enel percepisce quale concessionaria di vari servizi come quello della distribuzione elettrica o della gestione degli impianti di generazione, come appunto quelli per la produzione idroelettrica nel caso specifico”.

“L’azienda – dichiarano i segretari di Filctem Cgil, Flaei Cisl e Uiltec Uil – ha inviato alle organizzazioni sindacali una richiesta di incontro perché ha la ferrea intenzione di proseguire con la chiusura del Pt e quindi di procedere con le valutazioni riguardo i riflessi sul personale interessato. Enel prosegue nel suo intento noncurante della ferma presa di posizione contraria della Regione Umbria, espressa tramite una mozione unanime (ricordando che la Regione è la proprietaria degli impianti), tanto meno delle richieste degli assessori regionali, dei responsabili provinciali, del sindaco di Terni, e soprattutto senza tenere conto del parere, a nostro avviso più importante, della Protezione civile rispetto al rischio idrogeologico e di controllo del territorio. Questo potrebbe rappresentare l’atto finale del depotenziamento degli asset sul territorio regionale già svuotato di tutte le funzioni strategiche”.

L’on. Emma Pavanelli parla di “ennesimo atto di abbandono del territorio umbro da parte di un soggetto che, per missione e struttura, dovrebbe tutelare l’interesse collettivo prima di ogni logica di mero profitto”.

“Colpisce il silenzio del Governo – attacca Pavanelli – che pur detenendo una quota significativa di controllo su Enel attraverso il Ministero dell’Economia e delle Finanze, non esercita alcun indirizzo politico capace di invertire questa rotta miope e dannosa. Un’inerzia colpevole, che equivale a un tacito via libera al depotenziamento di presidi fondamentali per la sicurezza del territorio e per l’occupazione”.

“È inoltre particolarmente significativo, e non può essere ignorato – aggiunge la parlamentare pentastellata – che la stessa Protezione Civile abbia riconosciuto esplicitamente il ruolo determinante svolto dagli operatori del PT di Terni nella gestione delle emergenze ambientali. Solo questi lavoratori, infatti, possiedono la competenza, l’esperienza e la prontezza operativa necessarie per intervenire tempestivamente sugli impianti idroelettrici, contribuendo così alla prevenzione di gravi rischi idrogeologici. La loro funzione di interfaccia tecnica con la Protezione Civile è essenziale per garantire una comunicazione efficace e interventi mirati sul territorio, come dimostrato in occasione dell’emergenza del gennaio 2021, quando – sotto la gestione di Erg – si registrò un grave malfunzionamento proprio per l’assenza di presidio qualificato. Siamo di fronte non solo a un problema occupazionale, ma a un serio pericolo per la sicurezza idraulica dell’Umbria e, più in generale, a un grave segnale di dismissione dello Stato dai propri doveri verso le comunità locali. Presenterò l’ennesima interrogazione parlamentare nei confronti della linea di azione di Eni e chiedo a tutte le forze politiche e istituzionali di uscire dall’ambiguità e prendere posizione, in modo chiaro e netto, contro la desertificazione dei servizi essenziali in Umbria. Alla logica finanziaria esasperata, rispondiamo con la logica del bene comune”.

E-Distribuzione, presidio sindacale davanti alla sede di Perugia

Presidio sindacale, giovedì mattina, davanti alla sede di E-Distribuzione Enel di Perugia.

Filtcem Cgil, Flaei Cisl e Uiltec Uil Umbria e provinciali hanno manifestato per tenere alta l’attenzione sulle motivazioni che hanno portato alla procedura di raffreddamento.

“Stiamo attraversando un periodo di piena transizione energetica – hanno fatto sapere i segretari generali Fabio Mencarelli (Filtcem Cgil Perugia), Ciro Di Noia (Flaei Cisl Umbria) e Doriana Gramaccioni (Uiltec Uil Umbria) – e per affrontarlo sono necessarie scelte lungimiranti e coraggiose. Siamo qua con i lavoratori per contestare le scelte aziendali da noi non condivise in quanto in questo particolare momento c’è bisogno di grandi investimenti da parte di Enel, soprattutto sul personale”.

Il riferimento è ai finanziamenti e ai progetti del Pnrr che devono essere attuati grazie anche e soprattutto alle compretenze del personale in forza lavoro.

Ma non solo: i sindacati sottolineano come sia necessario investire in risorse umane e quindi in nuove assunzioni. “I carichi di lavoro – aggiungono – continuano ad essere eccessivi anche per garantire la regolare turnazione. Oltre a questo ai lavoratori viene chiesto di cambiare modalità di orari di lavoro, sfalzando lo stesso tra mattina e pomeriggio, imponendo così di rivedere l’equilibrio e la conciliazione tra tempi di lavoro e quelli della vita privata”.

Muore per un malore mentre è al lavoro, le accuse dei sindacati

E’ morto mentre stava lavorando nei magazzini di una catena della grande distribuzione, a Magione. Fatale è stato un malore.

I sindacati, in un nota firmata da Silvia Cascianelli (Filt Cgil), Valerio Natili (Fisascat Cisl) e Stefano Cecchetti (UilTrasporti), parlano però di morte sul lavoro: “Troppo assurdo lasciare la famiglia, alla quale va tutto il nostro cordoglio, per recarsi al lavoro per la sopravvivenza giornaliera e non fare più ritorno. Che si tratti di un infortunio o un malore, non fa differenza; non si può continuare a morire per lavoro. Oggi la frenesia dei tempi, la produttività da raggiungere per rispondere a logiche impostate solo sul mero interesse economico/finanziario, troppo spesso fanno dimenticare che sono persone quelle a cui non si garantisce un dignitoso e sereno lavoro. Va posto uno stop e va resettato l’approccio del mondo del lavoro rispetto a salute e sicurezza”.

Stato di agitazione in E-Distribuzione: “Gravi criticità del modello organizzativo”

Proteste anche in Umbria tra i dipendenti di E-Distribuzione, società del gruppo Enel, con lo stato di agitazione proclamato dai sindacati Filctem Cgil, Flaei Cisl e Uiltec Uil.

“Per le gravi criticità dell’attuale modello organizzativo, promosso dall’azienda con un dimensionamento degli organici ancora insufficiente, per i carichi di lavoro eccessivi e per la reperibilità operativa ancora in sofferenza, lo stato di manutenzione delle sedi di lavoro e la volontà aziendale di modificare l’orario di lavoro a tutto il personale operativo”, hanno argomentato i sindacati. Che ricordano come le ragioni della protesta affondino in una serie di criticità operative e organizzative. “Il modello organizzativo introdotto nel 2022, in particolare nelle Unità Territoriali e nei Blue Team, le squadre operative incaricate della gestione e della manutenzione delle reti elettriche sul territorio – accusano – ha scaricato le responsabilità verso i livelli più bassi, in particolare su capi e vice capi squadra, creando forte disagio”.

Filctem, Flaei, e Uiltec denunciano anche la carenza strutturale di organico, sia tra gli operai che tra gli impiegati tecnici, “inadeguato rispetto alle esigenze imposte dai progetti legati al Pnrr e dagli obblighi per la proroga delle concessioni delle reti di distribuzione in concessione dallo Stato. Tale problematica è anche presente in tutte le società del gruppo Enel, che sempre più è orientato in termini di razionalizzazione e massimizzazione dei profitti, a scapito delle condizioni ed organizzazione del metodo di lavoro. A peggiorare la situazione sono i carichi di lavoro, giudicati eccessivi e le difficoltà organizzative legate alla reperibilità operativa, con il mancato rispetto della turnazione contrattuale di una settimana su quattro in diverse aree del Paese. Non mancano poi le denunce sul degrado delle sedi operative, più volte segnalato senza riscontri concreti da parte dell’azienda. Un contrasto forte con gli ingenti investimenti riservati alle ‘grandi cattedrali’ delle sedi direzionali centrali, una disparità e sprechi inaccettabili”.

Tra i punti più controversi figura la decisione aziendale di voler modificare l’orario di lavoro per tutto il personale operativo dei Blue Team, in maniera unilaterale, misura che secondo i sindacati “inciderà negativamente sulla qualità della vita e sull’equilibrio personale dei lavoratori, nonché potrebbe portare criticità sui temi di salute e sicurezza, soprattutto sullo stress da lavoro correlato, che l’azienda tanto declama”.

“Tale contesto si inserisce in un clima aziendale già fortemente compromesso – aggiungono i sindacati -, come evidenziato da un’indagine condivisa tra azienda e sindacati, realizzata con il supporto dell’Inail, che ha rilevato alti livelli di stress lavoro-correlato. Cresce il numero di dipendenti che scelgono di cambiare lavoro o di lasciare del tutto l’azienda, mentre la prospettiva dell’introduzione del nuovo orario aggrava ulteriormente il senso di frustrazione. Altro punto da attenzionare è il rapporto stesso dei dipendenti all’interno delle varie unità, che con questi continui cambiamenti e disparità di trattamento si va deteriorando e inasprendo sempre di più”. Secondo i sindacati “si corre il rischio di compromettere definitivamente il senso di appartenenza e lo spirito di servizio che hanno sempre contraddistinto il personale di E-distribuzione”. “Siamo convinti che tutto questo contrasta fortemente con la necessità del personale di poter lavorare in condizioni di serenità e tranquillità – concludono Filctem, Flaei e Uiltec -, per affrontare le necessità e le difficoltà imposte dei grandi volumi di lavoro previsti per calare a terra gli investimenti del Pnrr, anzi, è necessario un forte incremento di personale nelle varie unità operative, tecniche ed impiegatizie”.

Alloggi fatiscenti, barriere architettoniche, sfratti di chi ha perso il lavoro e padri separati che vivono in auto

Persone anziane o con disabilità che stanno in palazzi senza ascensore o con barriere architettoniche. Famiglie con cinque bambini che vivono in 40 metri quadrati. E c’è chi ha perso il lavoro, è stato sfrattato ed è costretto a vivere in auto.

Sono solo alcuni casi di richieste di aiuto ai sindacati degli inquilini Sunia, Sicet, Uniat e Unione Inquilini nella città di Terni. Matteo Lattanzi per Sunia Terni, Gino Bernardini per Sicet Umbria e Jacopo Desantis per Uniat Terni hanno fatto il punto sulle tante criticità.

Il primo tema affrontato è stato quello relativo alla necessità di riattivare i contributi per l’affitto. “Da oltre tre anni a Terni – hanno ricordato i sindacati inquilini – non viene più pubblicato un bando per i contributi a sostegno dell’affitto. L’ultimo è del 2021. Questa mancanza ha lasciato migliaia di famiglie senza alcun sostegno, proprio nel periodo peggiore dal punto di vista economico. “Ci arrivano continuamente richieste di aiuto – hanno raccontato i sindacati – ad esempio, da parte di famiglie monoreddito o precarie, genitori separati che non riescono più a pagare l’affitto, giovani coppie o lavoratori atipici che vivono in subaffitto o con i genitori. Un nuovo bando darebbe respiro non solo agli inquilini, ma anche ai piccoli proprietari che spesso si trovano con affitti non pagati e contratti a rischio di risoluzione. Quindi è una misura sociale ma anche economica, che conviene a tutta la città. Abbiamo inviato una richiesta ufficiale di incontro al Comune per sollecitare l’uscita di un nuovo bando e lo facciamo adesso nuovamente, pubblicamente. Sebbene i fondi che venivano utilizzati per i contributi affitto non sono stati finanziati dal governo, ciò non toglie che i Comuni, con le proprie forze, possano stabilire dei bandi per conto loro, come è già stato fatto”.

Altra criticità è quella relativa alla gestione delle emergenze abitative, cioè quei casi estremi come possono essere le persone che si trovano all’improvviso sfrattate, con magari minori a carico, famiglie che vivono in auto o in strutture temporanee, oppure anziani o disabili senza rete familiare. “Oggi il Comune di Terni – hanno spiegato Lattanzi, Bernardini e Desantis – non ha un regolamento adeguato ai tempi e si limita a pubblicare un bando per emergenze ogni 2-3 anni, ma così le famiglie in crisi restano senza strumenti concreti nel momento in cui hanno bisogno. È un meccanismo che non funziona. Noi chiediamo che venga istituita una graduatoria permanente, sempre aperta, dove le famiglie possano fare richiesta in qualsiasi momento, e dove i casi urgenti vengano gestiti con continuità. Sarebbe un passo civile e logico”.

L’ultimo punto, forse quello più delicato, riguarda le numerose segnalazioni di assegnatari di case popolari che, come rendono noto i sindacati, “vivono in condizioni indegne”. Sono stati illustrati alcuni di questi casi tra cui persone con disabilità gravi che vivono in appartamenti non dotati di ascensore o con scale particolarmente ripide, solo per fare un esempio, o famiglie numerose che vivono in bilocali minuscoli, con bambini che dormono nel salotto o su materassi per terra.

“Abbiamo cominciato a inviare queste segnalazioni anche al sindaco – hanno reso noto Sunia, Sicet e Uniat –, in quanto responsabile della salute pubblica, ma non abbiamo ricevuto alcuna risposta. Per i casi più gravi, alcune famiglie stanno addirittura valutando di presentare esposti alla Procura della Repubblica. Non è una scelta fatta a cuor leggero, ma possono più tollerare di vivere in condizioni che ledono la loro dignità e la loro salute”.

Bori convoca i dipendenti della Regione, la posizione dei sindacati

“Ribadiamo la disponibilità al dialogo e al confronto, ma anche la determinazione a garantire che ogni cambiamento organizzativo avvenga nel rispetto delle regole, dei ruoli e della trasparenza”. Così le organizzazioni sindacali Fp Cgil, Cisl Fp e Uil Fpl, rappresentanti la funzione pubblica dell’Umbria, intervengono in merito all’assemblea generale del personale della Regione Umbria, convocata per il 28 aprile dall’assessore al personale della Regione Umbria, Tommaso Bori.

Un’assemblea anomala rispetto alle consuete relazioni sindacali. I sindacati, però, hanno scelto “di non alimentare polemiche premature”, ma di valutare alla luce di quanto emergerà effettivamente il 28. “Il nostro giudizio – spiegano – sarà fondato su ciò che emergerà concretamente, sia sotto il profilo del rispetto delle relazioni sindacali, sia sotto quello della chiarezza organizzativa”.

“Pur riconoscendo all’assessore la possibilità di avviare momenti di confronto e ascolto con il personale – chiariscono Fp Cgil, Cisl Fp e Uil Fpl – rileviamo la necessità di definire sin da ora le modalità operative relative allo svolgimento e, in particolare: come verrà garantita la presenza o l’uscita del personale dalle sedi (senza informazioni certe su timbrature, missioni o coperture assicurative); chi autorizza il personale delle sedi decentrate (come Foligno, Terni, piazza Partigiani, palazzo Donini e altre sedi decentrate) a recarsi a Perugia; se e come saranno coinvolti i dirigenti, titolari effettivi della direzione del personale. Ricordiamo che materie come l’organizzazione del lavoro, i criteri di mobilità, i sistemi di valutazione, il welfare aziendale e, più in generale, la valorizzazione del personale rientrano espressamente tra quelle oggetto di informazione, confronto o contrattazione integrativa, sia con le organizzazioni sindacali che con le Rsu (Rappresentanze sindacali unitarie), come prevede il Ccnl (Contratto collettivo nazionale di lavoro) Funzioni locali”.

Rispetto alle rappresentanze dei lavoratori, i sindacati sottolineano: “Oltretutto, a oggi le Rsu elette il 14-16 aprile non si sono ancora insediate. Rsu elette con una partecipazione al voto di circa l’85% degli aventi diritto, dato che conferma la piena rappresentatività dei dipendenti”.

“Il rischio concreto – concludono Fp Cgil, Cisl Fp e Uil Fpl – è quello di generare confusione tra i lavoratori, indebolire il ruolo dei dirigenti e sovrapporre piani di comunicazione a processi regolati da norme contrattuali e regole di relazioni sindacali”. Da qui il richiamo al rispetto dei ruoli e della trasparenza.

Vertenza nazionale, un giorno di sciopero in tutti i McDonald’s di Terni

Vertenza nazionale, la protesta indetta dalle organizzazioni sindacali di categoria Filcams Cgil, Fisascat Cisl e Uiltucs Uil

Sarà una “Pasqua di lotta” quella dei lavoratori dei tre McDonald’s presenti a Terni. Il 20 aprile sciopereranno per l’intera giornata.

Vogliamo rispetto. Vogliamo il contratto di secondo livello. Scioperiamo per i diritti e la dignità” è lo slogan scelto per la vertenza nazionale McDonald’s, legata alla mancata apertura dell’azienda al confronto sulla contrattazione integrativa di gruppo.

Anche in Umbria le organizzazioni sindacali di categoria Filcams Cgil, Fisascat Cisl e Uiltucs Uil hanno indetto uno sciopero per l’intera giornata di domenica 20 aprile su tutti i tre McDonald’s presenti a Terni.

Lo sciopero – spiegano i sindacati – è la risposta all’indisponibilità aziendale ad avviare un confronto sulla contrattazione integrativa di gruppo. Lo sciopero è esteso anche al locale gestito da licenziatario in considerazione del diniego alla contrattazione già formalizzato dall’azienda che gestisce l’unico locale su Terni. Si è scelto il giorno di Pasqua per scioperare e manifestare. L’appuntamento è davanti al locale di viale dello Stadio, con un presidio alle 10, dove festeggeremo questa Pasqua di lotta con l’auspicio di maggiori tutele e diritti e dignità per queste lavoratrici e questi lavoratori”.

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Autista e controllore aggrediti sul bus, i sindacati: “Basta”

I sindacati denunciano l’ennesima aggressione a personale dei mezzi pubblici in Umbria. L’ultimo episodio si è verificato nei pressi della stazione Fontivegge di Perugia, ai danni di un autista e di un controllore di Busitalia mentre svolgevano la loro mansione.

A denunciare questo nuovo caso sono le organizzazioni sindacali Filt Cgil, Fit Cisl e Uilt Uil dell’Umbria: “Semplicemente per aver chiesto un ticket, i lavoratori sono stata aggrediti da dei ragazzi che sono oggi probabilmente sotto il vaglio degli inquirenti”.

“Non è più accettabile – ribadiscono i sindacati – questa condizione di grande criticità in tema di sicurezza sui bus e su tutti i mezzi pubblici. Non è più accettabile andare al lavoro e rischiare di tornare a casa con lesioni per otto giorni di prognosi, quando va bene, e con braccia rotte e quant’altro, quando va male. Nei bus, nei treni e nei mezzi pubblici in generale, accade troppo spesso che chi svolge il proprio lavoro viene aggredito nelle circostanze più variabili e impreviste. Chiediamo più sicurezza a bordo dei mezzi pubblici”.

“Chiediamo – concludono Filt Cgil, Fit Cisl e Uilt Uil – un intervento robusto in merito, non solo al Governo, ma anche alla Regione e alle aziende che gestiscono i trasporti in Umbria. La sicurezza è in seno al datore di lavoro e le aziende devono mettere in atto tutte quelle azioni atte a garantire il servizio e la sicurezza dei propri dipendenti. Intanto chiediamo un tavolo urgentissimo con le aziende e con la prefettura per arrivare a un protocollo che metta a garanzia la sicurezza dei lavoratori e delle lavoratrici nella nostra regione”.

Riduzioni Irpef e niente aumento del bollo auto, ma restano le tasse in più per le impese

Dai 90 milioni inizialmente deliberati dalla Giunta regionale scende a 52 milioni per quest’anno la manovra che la maggioranza porterà in Aula giovedì per l’approvazione entro il 15 aprile, termine entro il quale devono essere indicati gli aumenti delle addizionali in via ordinaria.

Una data che consentirebbe alla Giunta di utilizzare l’extragettito assicurato dall’aumento delle tasse anche per altre misure, oltre ai conti della sanità. Sui quali continua lo scontro con l’opposizione, che lunedì mattina anche alle associazioni di categoria (incontrate dopo aver manifestato in piazza insieme ai sindacati) ha ribadito: il credito di 48 milioni derivante dal pay-back dispositivi medici è esigibile e porta addirittura ad un avanzo rispetto ai 34 milioni del deficit per il 2024 a cui si aggiunge una quota per la ricostituzione del Fondo di dotazione, per complessivi 39 milioni, con le rateizzazioni da concordare con il Mef.

Ipotizzando una ricostituzione del Fondo in tre anni con tre rate da 13 milioni di euro ed aggiungendo i 5 milioni di euro di tagli di trasferimenti statali, la Giunta vuole assicurarsi un introito aggiuntivo di 52 milioni di euro, appunto. Arrivassero i 48 milioni del pay-back dispositivi medici, gran parte dell’extragettito, se approvato entro il 15 aprile, potrebbe finanziare altre politiche.

Le nuove aliquote Irpef

La Giunta intende creare una no tax area azzerando l’addizionale Irpef per i redditi fino a 28mila euro, mentre per la fascia 28-50mila euro si prevedono sgravi, in particolare per gli scaglioni più bassi (intorno a 30mila euro con una riduzione di circa 100 euro).

Resta l’Irap

Il dimezzamento della Manovra arriva da un’aliquota invariata per la fascia di reddito tra 15-mila e 28mila euro e una riduzione dell’incremento per quelle superiori. Da gennaio 2026 non scatta l’aumento del bollo auto del 10%. La Giunta sta valutando di attenuare l’aumento dell’Irap, che scatterà dal2026: dello 0,40% e non più dello 0,50%. Il prelievo per le imprese interessate salirebbe dunque dal 3,90% al 4,30%.

La mossa dell’opposizione

Questo l’emendamento illustrato ai sindacati, incontrati in mattinata, ed alle associazioni di categoria, ricevute nel pomeriggio. Parti sociali che, alla luce dei numeri emersi e soprattutto della non immediatezza di un rischio di commissariamento della sanità come inizialmente prospettato, chiedono, pur con alcune distinzioni e comunque con diversa enfasi, di ritirare la manovra. Che però la maggioranza intende votare in Aula giovedì.

Ma l’opposizione, nel frattempo, ha depositato una mozione di sfiducia nei confronti della presidente Stefania Proietti. Questione che “congela” l’attività dell’Assemblea per 5 giorni. Facendo slittare ogni altro argomento, compresa l’approvazione della Manovra. A meno che per quest’ultimo la maggioranza non si appelli ad uno stato di necessità, che potrebbe essere giustificato dai conti a rischio. Da dimostrare, questa volta, carte alla mano.

La posizione dei sindacati

Queste le valutazioni dei tre segretari generali regionali al termine dell’incontro.

“La rimodulazione della manovra da 90 milioni a 52 milioni di euro – ha dichiarato Paggio (Cgil) – è già un risultato importante, così come l’azzeramento dell’aliquota addizionale regionale tra i 15mila e 28mila euro, perché tutela le fasce più esposte e più a basso reddito. In pratica chi appartiene a questa fascia non paga più nemmeno l’addizionale che pagava in precedenza. Parliamo del 72% dei contribuenti umbri, cioè chi ha un reddito inferiore ai 28mila euro. Sulla fascia tra i 28mila e 50mila euro restano invece ancora forti criticità, che come Cgil avevamo già denunciato nel precedente incontro, ma i correttivi introdotti dalla giunta, pur non risolvendo definitivamente il problema, sono comunque un passo in avanti”. Oltre a quello già detto, è prevista anche la creazione di un fondo taglia tasse, da alimentare attraverso una revisione e razionalizzazione della spesa e riforme strutturali, per il quale la Regione si è detta disponibile ad aprire un confronto con i sindacati per la sua destinazione. “Come Cgil – ha reso noto Paggio – vorremmo che tale fondo fosse destinato alle fasce di reddito più basse, che hanno avuto comunque aumenti per via della manovra: parliamo quindi delle fasce di reddito poco superiori ai 28 mila euro”.

Molto più critica la posizione della Uil. “Da una giunta di sinistra – ha affermato Molinari (Uil) – ci saremmo aspettati una serie di misure diverse. La mole di debito, infatti, non è tale da giustificare un aumento della tassazione. A livello nazionale siamo in prima linea per chiedere la detassazione degli aumenti contrattuali e non possiamo dunque accettare innalzamenti dell’Irpef regionale, fermo restando che stamattina ci è stato illustrato uno sforzo importante per rimodulare quanto previsto. Serviva un tavolo tecnico, convocato in maniera permanente, per iniziare a riformare il sistema Umbria. A questo punto diventa sempre più urgente parlare di riforme, con il Piano sanitario in primis. Occorre aprire il ‘Cantiere Umbria’, per rendere il sistema regionale più competitivo e lavorare su una crescita del Pil che sia sostenuta da lavoro sicuro e ben retribuito”.

“Dall’incontro in Regione – è il commento che arriva dal segretario Cisl, Manzotti – si ravvisano alcuni passi avanti, ma non siamo soddisfatti. Prima di aumentare le tasse per i cittadini umbri dobbiamo discutere del nuovo piano sanitario regionale per efficientare i servizi sanitari che devono essere rispondenti alle esigenze dei cittadini e dei territori. È necessaria quindi un’opera di razionalizzazione della spesa sanitaria. Qualora la riforma sanitaria non dovesse portare ai risultati sperati si potrà discutere della manovra fiscale regionale.

“L’altro dato importante – hanno spiegato Paggio, Manzotti e Molinari – è che non è più previsto l’aumento del bollo auto, così come noi avevamo chiesto. Per noi è un risultato molto importante perché gli umbri, vista le caratteristiche della regione, sono in gran parte costretti ad avere l’auto per andare a lavorare e studiare. Infine, c’è l’impegno della giunta a confrontarsi sul nuovo piano sanitario regionale e mettere mano alle difficoltà strutturali che hanno portato a questo disavanzo e che hanno determinato le condizioni per cui i cittadini sono costretti a pagare per farsi curare”.