Skip to main content

Tag: cgil

Contestato il Piano di riorganizzazione di Poste, il 3 giugno sarà sciopero

Il 3 giugno sarà sciopero delle prestazioni ordinarie di Poste Italiane anche in Umbria, dove le sigle di categoria Slc Cgil e Uilposte contestano la riorganizzazione territoriale.

Al centro della protesta, a livello nazionale, c’è il Piano di riorganizzazione che prevede tagli degli organici che renderanno sempre più difficile garantire servizi agli utenti e lavoro di qualità.

Sul territorio umbro, in particolare, secondo i sindacati queste politiche aziendali rischiano di compromettere il servizio universale di recapito – in particolare sul territorio di Terni, con il taglio del 30% delle zone di recapito che è stato implementato nel mese di maggio – e la rete degli uffici postali che a causa della strutturale carenza di personale, spesso possono essere tenuti aperti solo a forza di prestazioni straordinarie e piani ferie continuamente rivisti.

“Di fronte a queste problematiche, chiare tanto all’utenza quanto ai lavoratori – scrivono Cgil e Uil – Poste Italiane tuttavia nega l’evidenza, nascondendosi dietro ai fabbisogni di personale stabiliti negli accordi del 27 novembre, numeri che non hanno niente a che fare con la realtà. Il motivo di questa condotta è chiaro: l’Azienda intende comprimere al massimo il costo del lavoro e massimizzare i profitti a breve termine, ma a farne le spese sono gli utenti e i lavoratori”.

“Basta promesse vane. Salario e diritti in Poste Italiane”, sarà questo lo slogan dello sciopero, proclamato dalle categorie di Cgil e Uil che lo scorso novembre sono state estromesse dai tavoli di trattativa dalla dirigenza dell’azienda.

“Basta – proseguono le Confederazioni e le Categorie – alla politica dei dividendi agli azionisti e delle briciole ai lavoratori: i risultati aziendali devono portare ad aumenti anche per chi permette di ottenerli con il proprio lavoro quotidiano, e occorrono interventi risolutivi su stabilizzazioni, trasformazioni e mobilità”. “Bisogna aumentare poi gli investimenti per la sicurezza dei lavoratori diretti e degli appalti”, proseguono Cgil, Uil, Slc e Uilposte, Spi Cgil e Ulipensionati: “il 3 giugno ribadiremo il nostro no alla vendita delle quote azionarie di Poste da parte del Ministero delle Finanze. Poste – concludono – deve rimanere saldamente in mano pubblica”.

Lavoro e salari in Umbria, i dati

Salari molto bassi e lavoro che cresce nei numeri, ma che diventa sempre più precario. Questa, in sintesi, la fotografia scattata dalla Fondazione Di Vittorio e dall’Ufficio economia della Cgil, nell’indagine, basata su dati di Inps, Istat e Agenzia Umbria Ricerche. Studi che sono stati presentati nella sede della Cgil Umbria da Francesco Sinopoli, presidente della Fondazione Di Vittorio, Andrea Corpetti, segretario regionale della Cgil Umbria, e dalla segretaria generale della Cgil Umbria, Maria Rita Paggio, che ha commentato: “I dati ci confermano una situazione tutt’altro che rosea e che noi denunciamo già da tempo: salari molto bassi e un lavoro che cresce quantitativamente, ma solo in forma discontinua, precaria e sottopagata, con il conseguente aumento del numero di persone che pur lavorando restano povere. Una condizione che evidenzia la necessità di un cambiamento strutturale delle politiche di sviluppo del nostro Paese, a partire da quelle riforme del lavoro introdotte negli ultimi decenni, che, precarizzando e indebolendo il lavoro, non consentono più ai lavoratori di condurre una vita dignitosa, ma che non sono neanche state in grado di aumentare la capacità delle imprese di produrre ricchezza, come invece ci era stato promesso in maniera ideologica”.

Lavoro e salari in Umbria

La ricerca dell’Ufficio economia della Cgil, che analizza l’anno 2023, indica che i lavoratori dipendenti in Umbria in quell’anno sono stati 231.325 e il loro salario lordo annuale medio era di 20.993 euro. Di questi circa 231mila lavoratori complessivi, meno della metà, solo il 39% (90.244), aveva un contratto a tempo determinato, full time e per l’intero anno, con un salario medio di 31.851 euro. Ma poi abbiamo: quasi 20mila lavoratori (8,6%) con contratti a termine, part time e discontinui e un salario medio di circa 6.500 euro; altri 19.500 (8,5%) con contratti a tempo indeterminato, part time e discontinuo con salari sui 10.500 euro; altre 31mila persone (13,5%) con contratti a termine, full time e discontinui che guadagnano 10mila euro lordi l’anno. In mezzo a questi due estremi, si collocano i restanti 70mila lavoratori umbri, con varie tipologie di contratti e salari che andavano dai 16mila ai 28mila euro annui lordi. Se si guarda alle fasce d’età, risulta che: i lavoratori sotto i 35 anni di età erano il 30,4% del totale (circa 70.500), con un salario medio di 15mila euro; la stragrande maggioranza dei lavoratori aveva tra i 35 e i 64 anni (156mila, il 67,5%) e un salario medio di 23.800 euro; quasi 5mila lavoratori (2,1%) avevano più di 64 anni e un salario intorno ai 16.400 euro.

Sempre meno giovani

“L’Umbria – ha rilevato Corpetti alla luce di questi dati – sconta anche un grave fenomeno di calo demografico con i giovani che, non trovando qui terreno fertile per le loro professionalità, cercano lavoro fuori regione. Le condizioni di lavoro in Umbria, infatti, sono particolarmente deficitarie, con diffuso part time e retribuzioni molto basse. La principale richiesta di lavoratori è in settori come il commercio e il turismo che, generalmente, essendo a basso valore aggiunto, offrono condizioni di lavoro part time e di bassa qualità e salari altrettanto bassi”.

Dopo l’introduzione del Jobs Act

Lo studio della Fondazione Di Vittorio si concentra, invece, sul periodo 2014-2024, cioè sui primi dieci anni dall’introduzione del Jobs Act, suddividendolo nelle fasce 2014-2019 e 2019-2024. Nel 2019, a cinque anni dall’introduzione del contratto a tutele crescenti, gli occupati in Umbria erano 363mila (222mila dipendenti a tempo indeterminato, 50mila a tempo indeterminato e 91mila lavoratori indipendenti), cresciuti del +4,1% sul 2014 (+14mila persone).

In particolare, si registra una flessione degli indipendenti (-2,8%), un incremento modesto dei dipendenti a tempo indeterminato (+1,5%, pari a +3mila) e un aumento molto marcato dei dipendenti a tempo determinato (+37,2%, pari a +13mila). Dal punto di vista qualitativo, si consolida la tendenza alla polarizzazione con incrementi più rilevanti nelle professioni più qualificate, quelle intellettuali e scientifiche (+9,8%) e quelle tecniche (+11,4%) da una parte, e le professioni non qualificate (+11,9%) dall’altra. Il periodo 2019-2024 è influenzato ovviamente dalla pandemia da Covid-19. Ma al 2024 si contano in Umbria 373mila occupati complessivi, con un aumento rispetto al 2019 del 4,2%, pari a +15mila. Le variazioni degli occupati nei diversi macro-settori, nell’arco dei cinque anni presi in considerazione, dimostrano: l’impennata degli occupati nelle costruzioni nel 2021; la tenuta dell’occupazione nell’industria che, nonostante la flessione registrata nell’ultimo anno, fa segnare +11,8% nel 2024 rispetto al 2019; l’aumento significativo nel 2024 (+13,5% sul 2023) degli occupati nel commercio, alberghi e ristoranti; la caduta del numero di occupati in agricoltura (-37,5% rispetto al 2019), su numeri assoluti tuttavia modesti, da 16mila del 2019 a 10mila del 2024.

Salari tra i più bassi d’Europa

“I salari italiani – ha fatto il punto Sinopoli – sono tra i più bassi in Europa, stagnanti da circa il 1991. Le riforme del lavoro hanno peggiorato la condizione di vita di milioni di persone. I presupposti economici su cui si sono basate le scelte politiche sul mercato del lavoro degli ultimi anni erano del tutto infondati. Anche la relativa crescita dell’occupazione degli ultimi mesi non ha nulla a che vedere né con le politiche del governo né con il Jobs Act, ma è anzi una coda del bonus 110% e la conseguenza dell’aumento della spesa pubblica dovuta al Pnrr. Sono quindi le politiche pubbliche e gli investimenti pubblici e privati che trainano l’occupazione, non certamente la riduzione delle tutele. Anzi bisogna innalzare le tutele e i salari perché sono vincoli che costringono le imprese a investire in scienze e tecnologie, e quindi a fondare la crescita su presupposti che poi portano benessere a tutti”.

Coop, sciopero e presidio a Castiglione: un problema di tutta l’Umbria IMMAGINI

In presidio, davanti alla sede di Coop Centro Italia a Castiglione del Lago, i lavoratori che hanno aderito allo sciopero indetto da Filcams Cgil. Un’adesione, fa sapere il sindacato, che ha sfiorato la quasi totalità delle lavoratrici e dei lavoratori del magazzino ed è stata molto alta e importante anche per quelli della sede.

Rappresentati da Filcams Cgil, i dipendenti hanno deciso di incrociare le braccia con uno sciopero di otto ore mentre il presidio durerà fino al primo maggio. La mobilitazione nasce dalle preoccupazioni, nonostante le rassicurazioni della cooperativa, per il rischio di chiusura o di forti razionalizzazioni della sede, dall’avanzamento dell’esternalizzazione del magazzino di Castiglione del Lago e dai timori per la sostenibilità di alcuni negozi e per questo molti amministratori del territorio da tempo hanno mostrato solidarietà e sostegno verso i lavoratori.

Presenti alla mobilitazione i consiglieri regionali dell’Umbria Cristian Betti e Fabrizio Ricci, Matteo Burico, sindaco di Castiglione del Lago, Luca Dini, sindaco di Paciano e Giulio Cherubini, sindaco di Panicale. Hanno preso parte, inoltre, Massimiliano Cofani, segretario generale Filcams Cgil Perugia e Gianni Fiorucci segretario Cgil Umbria.

Filcams: rischio di 189 esuberi

“È in atto una fusione tra Unicoop Tirreno e Coop Centro Italia – ha spiegato Cofani – che darà origine a Unicoop Etruria. In questa fusione la sede legale della nuova cooperativa sarà a Vignale (Livorno) e c’è il rischio di chiusura, quindi, della sede di Castiglione del Lago, con il conseguente rischio di 189 esuberi. Tutto ciò avrà ha un impatto devastante per il tessuto sociale e del territorio. I lavoratori del magazzino sono in sciopero, poi, in quanto è in atto una lenta e continua esternalizzazione del lavoro. L’appalto contava fino a qualche anno fa dieci lavoratori, oggi la ditta in appalto all’interno del magazzino è arrivata a 50 lavoratori. Progressivamente si assottigliano, appunto, i lavoratori diretti da Coop Centro Italia per dare spazio ai lavoratori in appalto. Questo significa cancellare un lavoro dignitoso a vantaggio di un lavoro povero e precario, è inaccettabile”.

Il tavolo del 3 giugno

“La risposta di Coop Centro Italia – ha aggiunto Cofani – è stata surreale. L’azienda non ha curato per nulla le relazioni sindacali in quanto sono stati concessi dei tavoli di trattativa solo e sempre dietro la minaccia di scioperi. Il 20 febbraio i lavoratori hanno incrociato le braccia per 2 ore e a quel punto gli è stato concesso un tavolo per il 26 febbraio. Il 31 marzo avevamo proclamato uno sciopero, che poi è stato congelato perché è stato concesso un tavolo il 14 aprile. Oggi scioperiamo e all’improvviso compare un tavolo probabile per il 3 giugno. Non sono queste le modalità per intrattenere le relazioni sindacali di cui si fa vanto questa cooperativa”.

“Importante è la solidarietà delle istituzioni locali e di quelle regionali – ha concluso Cofani –perché questa partita non si giocherà solo sul tavolo sindacale, ci sarà necessariamente bisogno dell’intervento della Regione Umbria”.

Burico: un problema di tutta l’Umbria

“Siamo qua per i lavoratori, le lavoratrici e il futuro di un territorio – ha detto Burico –. Nessuno è contro la fusione, ma vogliamo poterne gestire gli effetti, capire quello che accadrà per i posti di lavoro e soprattutto per quello che rimane dell’azienda e di quello che succederà nella cooperativa, che ha radici profonde a Castiglione del Lago. Questo non è solo un problema di Castiglione del Lago, ma è un’azienda importante per tutta l’Umbria; quindi, oggi siamo qui anche per dimostrare che esiste una politica meno timida che sa da che parte stare”.

Il primo maggio

Giovedì primo maggio, Festa dei Lavoratori, alle 10.30 interverrà dal palco il segretario generale della Camera del lavoro di Perugia, Simone Pampanelli, a cui seguirà alle 12 il classico momento conviviale con porchetta e vino.

Ast, riunita la Rsu Cgil in vista del nuovo incontro al Mise

Riunito il coordinamento delle Rsu Cgil dell’Ast, alla presenza del segretario generale della Cgil di Terni, Claudio Cipolla, per discutere delle evoluzioni delle vicende aziendali, anche alla luce del prossimo incontro al Ministero della Sviluppo economico (Mise) del 2 maggio.

La Cgil, insieme alle categorie che rappresentano i lavoratori diretti, degli appalti e somministrati, da sempre ribadisce che “la soluzione finale deve riguardare tutti i lavoratori”.

L’occasione è stata utile anche per costituire il primo comitato referendario aziendale nella provincia di Terni. Il Comitato, che sarà coordinato da Emiliano Moscatelli per i delegati Fiom e da Manuel Polizzi per i delegati Filcams, si occuperà di coordinare la campagna elettorale per informare i lavoratori sui cinque referendum che riguardano il lavoro e la cittadinanza ed è già operativo per supportare l’azione confederale.

Area vasta sud-ovest Orvieto, le tre priorità per migliorare la qualità della vita

Area vasta sud ovest Orvieto, la Cgil di Terni ha presentato la sua proposta: dalla mobilità all’istruzione fino alla sanità, ma anche i temi dell’economia, dell’innovazione e dello sviluppo, non tralasciando la dimensione pubblica e istituzionale.

A illustrare il ricco e articolato documento, presentato alla cittadinanza e alle istituzioni già un anno fa e ora riproposto, sono stati il segretario generale della Camera del lavoro di Terni, Claudio Cipolla, e la segretaria della Lega Spi Cgil Orvieto, Annamaria Laudadio.

“Il rilancio dell’Area vasta sud ovest Orvieto – ha affermato Cipolla – passa per il principio della sostenibilità sociale e ambientale quale finalità prioritaria della strategia dell’area, in modo da restituire un futuro ai territori, frenare lo spopolamento e dare soprattutto prospettive occupazionali rimettendo al centro il lavoro, lavoro stabile, sicuro e di qualità. Alla luce di una ricognizione dei bisogni e delle potenzialità dei territori va definita una progettazione che risponda a un modello di sviluppo più integrato e intersettoriale intorno al principio della sostenibilità, focalizzandosi su nuovi obiettivi e nuove sfide. Questa prima base di ragionamento e proposta è finalizzata a sollecitare un confronto e possibili integrazioni con i singoli attori che parteciperanno alla discussione, provando a condividere analisi e relative ipotesi conseguenti di interventi”.

Le tre priorità

In tale prospettiva, gli ambiti prioritari di pianificazione e intervento dai quali partire sono per la Cgil principalmente tre: la dimensione dei servizi di cittadinanza; la dimensione economica e innovativa; la dimensione istituzionale. Nel dettaglio, le proposte della Cgil Terni riguardo ai servizi alla cittadinanza si articolano in cinque ambiti: mobilità, istruzione, formazione professionale, ricerca, sociale e sanità. Anche relativamente a dimensione economica, dell’innovazione e dello sviluppo gli ambiti sono cinque: innovazione, turismo, agricoltura/agroalimentare, tessuto economico e imprenditoriale, economia circolare e territorio.

Elevare la qualità della vita

“Questa nostra strategia – ha illustrato gli obiettivi finali Cipolla – è ovviamente orientata a elevare la qualità della vita della popolazione residente attraverso un potenziamento e miglioramento dei servizi. Allo stesso tempo puntiamo a creare lavoro, in particolare lavoro di qualità, non solo per i nostri ragazzi e per tutta la nostra popolazione, così che non sia costretta a spostarsi in altri territori ed così lo spopolamento e il declino di quest’area, ma anche per attirare giovani, famiglie e professionalità di elevato livello in ogni ambito. Strategia che si coniuga, a livello nazionale, con la campagna per il Si ai cinque Referendum 2025 su lavoro e cittadinanza”.

“Da quando abbiamo presentato la prima volta il nostro documento strategico, un anno fa – ha infine ricordato Cipolla –, abbiamo sollecitato più volte le forze politiche e in particolare l’amministrazione comunale ad affrontate insieme questi temi, soprattutto in un momento come questo in cui è possibile usufruire di fondi e finanziamenti pubblici destinati, appunto alle aree interne, senza però mai avere avuto risposta”.

Quanto alla convocazione del tavoli su questo argomento, convocato proprio alla vigilia della conferenza stampa, Cipolla commenta: “Vuol dire che la nostra iniziativa di oggi ha già avuto i suoi primi effetti”.

Bori convoca i dipendenti della Regione, la posizione dei sindacati

“Ribadiamo la disponibilità al dialogo e al confronto, ma anche la determinazione a garantire che ogni cambiamento organizzativo avvenga nel rispetto delle regole, dei ruoli e della trasparenza”. Così le organizzazioni sindacali Fp Cgil, Cisl Fp e Uil Fpl, rappresentanti la funzione pubblica dell’Umbria, intervengono in merito all’assemblea generale del personale della Regione Umbria, convocata per il 28 aprile dall’assessore al personale della Regione Umbria, Tommaso Bori.

Un’assemblea anomala rispetto alle consuete relazioni sindacali. I sindacati, però, hanno scelto “di non alimentare polemiche premature”, ma di valutare alla luce di quanto emergerà effettivamente il 28. “Il nostro giudizio – spiegano – sarà fondato su ciò che emergerà concretamente, sia sotto il profilo del rispetto delle relazioni sindacali, sia sotto quello della chiarezza organizzativa”.

“Pur riconoscendo all’assessore la possibilità di avviare momenti di confronto e ascolto con il personale – chiariscono Fp Cgil, Cisl Fp e Uil Fpl – rileviamo la necessità di definire sin da ora le modalità operative relative allo svolgimento e, in particolare: come verrà garantita la presenza o l’uscita del personale dalle sedi (senza informazioni certe su timbrature, missioni o coperture assicurative); chi autorizza il personale delle sedi decentrate (come Foligno, Terni, piazza Partigiani, palazzo Donini e altre sedi decentrate) a recarsi a Perugia; se e come saranno coinvolti i dirigenti, titolari effettivi della direzione del personale. Ricordiamo che materie come l’organizzazione del lavoro, i criteri di mobilità, i sistemi di valutazione, il welfare aziendale e, più in generale, la valorizzazione del personale rientrano espressamente tra quelle oggetto di informazione, confronto o contrattazione integrativa, sia con le organizzazioni sindacali che con le Rsu (Rappresentanze sindacali unitarie), come prevede il Ccnl (Contratto collettivo nazionale di lavoro) Funzioni locali”.

Rispetto alle rappresentanze dei lavoratori, i sindacati sottolineano: “Oltretutto, a oggi le Rsu elette il 14-16 aprile non si sono ancora insediate. Rsu elette con una partecipazione al voto di circa l’85% degli aventi diritto, dato che conferma la piena rappresentatività dei dipendenti”.

“Il rischio concreto – concludono Fp Cgil, Cisl Fp e Uil Fpl – è quello di generare confusione tra i lavoratori, indebolire il ruolo dei dirigenti e sovrapporre piani di comunicazione a processi regolati da norme contrattuali e regole di relazioni sindacali”. Da qui il richiamo al rispetto dei ruoli e della trasparenza.

Elezioni Rsu: Uil in sanità ed Enti locali, Cgil nella scuola

La Uil Fpl primo sindacato nella sanità e nelle funzioni locali, la Cgil nelle funzioni nelle articolazioni umbre delle funzioni centrali e nella scuola e università.

Sono i due sindacati che fanno la voce grossa dopo l’ultima tornata elettorale per il rinnovo della Rsu nel pubblico impiego, che ha visto un’affluenza superiore all’80% dei dipendenti.

La Uil domina in sanità e nei Comuni

Il segretario generale della Uil dell’Umbria, Maurizio Molinari, affiancato dal segretario regionale della Uil Fpl Jacky Mariucci, rivendica il cambiamento della Uil, che “ha scelto la concretezza rispetto all’ideologia”, come nel caso del contrasto alla manovra della Regione.

uil

Un risultato che ha consentito di confermare ed anzi rafforzare il sindacato nel settore pubblico, in particolare in Sanità (con il 36,3% complessivo dei voti e la maggioranza assoluta conquistata nell’Azienda ospedaliera di Perugia e oltre un terzo dei seggi in quella di Terni) e nelle funzioni locali: maggioranza assoluta nei Comuni di Orvieto, Marsciano, Città di Castello, Norcia, Magione e Corciano, primo sindacato nei Comuni di Perugia, Assisi, Foligno e Gubbio.

Risultati che portano la Uil a rilanciare il “Cantiere Umbria”, per un vero “cambiamento” nella regione.

Cgil forte della scuola e università

La Flc Cgil brinda con il settore della scuola e della formazione, dove è risultata prima con il 35,05% dei voti. Nella provincia di Perugia ha raggiunto un traguardo storico con quasi il 30% dei consensi, tornando così a essere il primo sindacato con 7 punti percentuale in più della Cisl Scuola, da anni primo sindacato in questo territorio. Nella provincia di Terni, la Flc Cgil è andata ben oltre il 50% dei consensi, con più di 27 punti percentuale di differenza dalla Uil Scuola, secondo sindacato della provincia.

Nel settore Università, la Flc Cgil conferma e rafforza il consenso conquistando sette seggi su dodici all’Università degli studi di Perugia e, per la prima volta, anche un seggio su tre all’Università per stranieri di Perugia.

scuola

“In termini percentuali – spiega la segretaria generale della Flc Cgil Umbria, Moira Rosi – arriviamo quasi al 55% dei voti, rispetto a Cisl che rimane al 23%. Nel settore Ricerca eleggiamo su tutte le sedi della regione, Infn, Cnr e Istat, passando dal 22,30% al 48%. Nell’Afam (Alta formazione artistica, musicale e coreutica) abbiamo eletti all’Accademia delle belle arti di Perugia e al Conservatorio ‘Briccialdi’ di Terni, con il 28% dei consensi nella regione. Un risultato che premia un lavoro di squadra e soprattutto l’impegno di tutti i candidati che si sono messi a disposizione e hanno contribuito in prima persona al raggiungimento di questo straordinario risultato”.

“Conti in rosso per l’aeroporto”, la denuncia di Filt Cgil e Uilt Umbria

I segretari generali Ciro Zeno e Cecchetti Stefano attaccano il Cda dopo quanto appreso nell’incontro in Prefettura

“Conti in rosso” per Sase, società che gestisce l’aeroporto internazionale dell’Umbria. E’ quanto denunciano le organizzazioni sindacali Filt Cgil e Uilt Umbria, secondo quanto appreso dai due segretari generali Ciro Zeno e Cecchetti Stefano nel corso di un incontro che si è tenuto in Prefettura a Perugia.
“Dopo una gara sulla sicurezza interna da noi rigettata fin dal primo momento – proseguono i sindacati –, poiché guidati dalla forte prerogativa di tutelare tutte le maestranze, sia quelle a tempo indeterminato che quelle stagionali, in modo del tutto inusuale e in anteprima abbiamo appreso dei conti in rosso”.
“Siamo stati colti dall’incredulità più totale – aggiungono da Filt Cgil e Uilt – e siamo fortemente preoccupati per le sorti del San Francesco d’Assisi e per tutti i lavoratori poiché è molto probabile, a questo punto, che Sase continui a far cassa sulla pelle dei lavoratori. Un consiglio di amministrazione quasi dimissionario che sta producendo danni a non finire”.
“Come è stato possibile – chiedono i sindacati – passare da importanti utili a un disavanzo in così pochi mesi? C’è stata incapacità gestionale? E soprattutto, chi pagherà i conti in rosso, i debiti? Ancora una volta i lavoratori?”.
“Un disastro che noi abbiamo annunciato già da alcuni mesi – concludono i due sindacati – e che ci auguriamo oggi vedrà accesi e puntati i riflettori anche su questo delicato asset umbro anch’esso in crisi”.

Condividi questo articolo

Ultime notizie


Continua a leggere

Riduzioni Irpef e niente aumento del bollo auto, ma restano le tasse in più per le impese

Dai 90 milioni inizialmente deliberati dalla Giunta regionale scende a 52 milioni per quest’anno la manovra che la maggioranza porterà in Aula giovedì per l’approvazione entro il 15 aprile, termine entro il quale devono essere indicati gli aumenti delle addizionali in via ordinaria.

Una data che consentirebbe alla Giunta di utilizzare l’extragettito assicurato dall’aumento delle tasse anche per altre misure, oltre ai conti della sanità. Sui quali continua lo scontro con l’opposizione, che lunedì mattina anche alle associazioni di categoria (incontrate dopo aver manifestato in piazza insieme ai sindacati) ha ribadito: il credito di 48 milioni derivante dal pay-back dispositivi medici è esigibile e porta addirittura ad un avanzo rispetto ai 34 milioni del deficit per il 2024 a cui si aggiunge una quota per la ricostituzione del Fondo di dotazione, per complessivi 39 milioni, con le rateizzazioni da concordare con il Mef.

Ipotizzando una ricostituzione del Fondo in tre anni con tre rate da 13 milioni di euro ed aggiungendo i 5 milioni di euro di tagli di trasferimenti statali, la Giunta vuole assicurarsi un introito aggiuntivo di 52 milioni di euro, appunto. Arrivassero i 48 milioni del pay-back dispositivi medici, gran parte dell’extragettito, se approvato entro il 15 aprile, potrebbe finanziare altre politiche.

Le nuove aliquote Irpef

La Giunta intende creare una no tax area azzerando l’addizionale Irpef per i redditi fino a 28mila euro, mentre per la fascia 28-50mila euro si prevedono sgravi, in particolare per gli scaglioni più bassi (intorno a 30mila euro con una riduzione di circa 100 euro).

Resta l’Irap

Il dimezzamento della Manovra arriva da un’aliquota invariata per la fascia di reddito tra 15-mila e 28mila euro e una riduzione dell’incremento per quelle superiori. Da gennaio 2026 non scatta l’aumento del bollo auto del 10%. La Giunta sta valutando di attenuare l’aumento dell’Irap, che scatterà dal2026: dello 0,40% e non più dello 0,50%. Il prelievo per le imprese interessate salirebbe dunque dal 3,90% al 4,30%.

La mossa dell’opposizione

Questo l’emendamento illustrato ai sindacati, incontrati in mattinata, ed alle associazioni di categoria, ricevute nel pomeriggio. Parti sociali che, alla luce dei numeri emersi e soprattutto della non immediatezza di un rischio di commissariamento della sanità come inizialmente prospettato, chiedono, pur con alcune distinzioni e comunque con diversa enfasi, di ritirare la manovra. Che però la maggioranza intende votare in Aula giovedì.

Ma l’opposizione, nel frattempo, ha depositato una mozione di sfiducia nei confronti della presidente Stefania Proietti. Questione che “congela” l’attività dell’Assemblea per 5 giorni. Facendo slittare ogni altro argomento, compresa l’approvazione della Manovra. A meno che per quest’ultimo la maggioranza non si appelli ad uno stato di necessità, che potrebbe essere giustificato dai conti a rischio. Da dimostrare, questa volta, carte alla mano.

La posizione dei sindacati

Queste le valutazioni dei tre segretari generali regionali al termine dell’incontro.

“La rimodulazione della manovra da 90 milioni a 52 milioni di euro – ha dichiarato Paggio (Cgil) – è già un risultato importante, così come l’azzeramento dell’aliquota addizionale regionale tra i 15mila e 28mila euro, perché tutela le fasce più esposte e più a basso reddito. In pratica chi appartiene a questa fascia non paga più nemmeno l’addizionale che pagava in precedenza. Parliamo del 72% dei contribuenti umbri, cioè chi ha un reddito inferiore ai 28mila euro. Sulla fascia tra i 28mila e 50mila euro restano invece ancora forti criticità, che come Cgil avevamo già denunciato nel precedente incontro, ma i correttivi introdotti dalla giunta, pur non risolvendo definitivamente il problema, sono comunque un passo in avanti”. Oltre a quello già detto, è prevista anche la creazione di un fondo taglia tasse, da alimentare attraverso una revisione e razionalizzazione della spesa e riforme strutturali, per il quale la Regione si è detta disponibile ad aprire un confronto con i sindacati per la sua destinazione. “Come Cgil – ha reso noto Paggio – vorremmo che tale fondo fosse destinato alle fasce di reddito più basse, che hanno avuto comunque aumenti per via della manovra: parliamo quindi delle fasce di reddito poco superiori ai 28 mila euro”.

Molto più critica la posizione della Uil. “Da una giunta di sinistra – ha affermato Molinari (Uil) – ci saremmo aspettati una serie di misure diverse. La mole di debito, infatti, non è tale da giustificare un aumento della tassazione. A livello nazionale siamo in prima linea per chiedere la detassazione degli aumenti contrattuali e non possiamo dunque accettare innalzamenti dell’Irpef regionale, fermo restando che stamattina ci è stato illustrato uno sforzo importante per rimodulare quanto previsto. Serviva un tavolo tecnico, convocato in maniera permanente, per iniziare a riformare il sistema Umbria. A questo punto diventa sempre più urgente parlare di riforme, con il Piano sanitario in primis. Occorre aprire il ‘Cantiere Umbria’, per rendere il sistema regionale più competitivo e lavorare su una crescita del Pil che sia sostenuta da lavoro sicuro e ben retribuito”.

“Dall’incontro in Regione – è il commento che arriva dal segretario Cisl, Manzotti – si ravvisano alcuni passi avanti, ma non siamo soddisfatti. Prima di aumentare le tasse per i cittadini umbri dobbiamo discutere del nuovo piano sanitario regionale per efficientare i servizi sanitari che devono essere rispondenti alle esigenze dei cittadini e dei territori. È necessaria quindi un’opera di razionalizzazione della spesa sanitaria. Qualora la riforma sanitaria non dovesse portare ai risultati sperati si potrà discutere della manovra fiscale regionale.

“L’altro dato importante – hanno spiegato Paggio, Manzotti e Molinari – è che non è più previsto l’aumento del bollo auto, così come noi avevamo chiesto. Per noi è un risultato molto importante perché gli umbri, vista le caratteristiche della regione, sono in gran parte costretti ad avere l’auto per andare a lavorare e studiare. Infine, c’è l’impegno della giunta a confrontarsi sul nuovo piano sanitario regionale e mettere mano alle difficoltà strutturali che hanno portato a questo disavanzo e che hanno determinato le condizioni per cui i cittadini sono costretti a pagare per farsi curare”.

Sanitari aggrediti negli ospedali di Foligno e Terni, i sindacati chiedono misure urgenti

Cgil Fp e Uil Fpl si appellano alle istituzioni affinché adeguino le strutture per consentire agli operatori di lavorare in sicurezza

Indignazione, ma anche determinazione ad assumere misure concrete di tutela degli operatori sanitari dopo le ultime aggressioni subite negli ospedali di Foligno e di Terni.

“Non è tollerabile che il personale sanitario, che già opera in una condizione di carenza, con turni faticosi e stressanti, con un sempre crescente sovraffollamento di pazienti, debba essere soggetto ad aggressioni da parte degli utenti” commenta la Fp Cgil Terni.

“La solidarietà non basta – proseguono da Fp Cgil Terni –. È necessario, trovare soluzioni, sono anni che denunciamo le difficili condizioni di lavoro del personale dell’azienda Ospedaliera in generale e in particolare del pronto soccorso. Ora è il tempo delle soluzioni, prima che succeda l’irreparabile. Se l’aggressore fosse stato armato? Ora ci troveremo a piangere l’ennesimo morto sul lavoro”.

“Una giovane infermiera – sottolineano da Fp Cgil – durante il turno, è stata colpita con un pugno, un’azione violenta che ferisce e sconvolge non solo nel fisico. Chi sta lavorando, facendo il proprio dovere, non può diventare lo sfogo violento di chi non vede soddisfatte le proprie aspettative di salute da un sistema sanitario sempre più distante dai bisogni delle persone”.

“Anche grazie all’azione del sindacato, a breve – annuncia Fp Cgil Terni – partiranno i lavori di ampliamento e ristrutturazione del Pronto soccorso. È l’occasione per prevedere misure strutturali per garantire la sicurezza del personale, pertanto, da subito, chiediamo: che il posto di Polizia sia spostato da dove è al momento ubicato e sia in una posizione ben visibile all’interno dei locali del Pronto soccorso; l’aumento del personale sanitario e la formazione del personale”.

La Cgil chiede all’Azienda ospedaliera Santa Maria di Terni e alle istituzioni, “prefetto, Regione Umbria e Comune di Terni di farsi carico del problema a tutela dei cittadini, delle lavoratrici e dei lavoratori”.

La Uil Fpl Azienda ospedaliera di Terni stigmatizza quanto accaduto e chiede interventi: “La sicurezza del personale sanitario, in Umbria, è ormai un’emergenza e l’ennesima aggressione, avvenuta giovedì sera al Pronto soccorso dell’ospedale di Terni, testimonia il livello di allarme. La scena è stata, purtroppo, quella che troppo spesso si ripete: un paziente ha iniziato ad inveire verbalmente e in maniera aggressiva, urlando con insulti nei confronti del personale in mezzo ad altri pazienti anche fragili ed anziani, anch’essi in attesa; lui era un codice minore che attendeva un esame di radiografia. Il medico in turno, e parte del personale, sentendo le urla sono prontamente accorsi per placare la situazione e porsi a difesa anche degli altri utenti in attesa. A quel punto però la persona non ha sentito ragioni, diventando sempre più aggressivo. L’epilogo è stato che il paziente ha cercato di colpire con un pugno il medico che è riuscito a schivarlo spostandosi dalla traiettoria; il fendente però è arrivato a colpire in pieno volto un’infermiera che era accanto colpendola ad un occhio con il pugno causando un trauma oculare in fase di valutazione ed un ematoma già visibile dopo pochi minuti”.

“Questa situazione – prosegue il sindacato – mette in evidenza che: i Pronto soccorso godono di un inadeguato servizio di sicurezza, nel nostro caso addirittura il poliziotto si trova in una zona distante dal pronto soccorso e soltanto per alcune ore al giorno. Se questa volta l’aggressore avesse estratto un coltello e fosse successo qualcosa di irreparabile? Serve personale della Polizia presente h 24 nei locali interni del Pronto Soccorso , a stretto contatto con personale e utenza, oltre a un adeguato piano della sicurezza interna (il DVR). Infine, ma non a discolpa degli aggressori, occorre ricondurre coerentemente questi eventi criminosi, sempre più frequenti, alla ormai insopportabile inadeguatezza del servizio sanitario nazionale. Occorrerà rivedere le priorità di questo paese, che non sono e non possono essere le armi o le guerre persino combattute per squallidi interessi che non sono di casa nostra. In tutto ciò il personale sanitario fa letteralmente miracoli, sotto organico, in taluni casi sottopagato, persino preso in giro. Ricordiamo le sviolinate in occasione della pandemia, alle quali non ha fatto seguito un bel nulla di efficace”.

In precedenza, il segretario regionale Uil Fpl Diego Carducci era intervenuto dopo il caso di Foligno, evidenziando “un problema di sicurezza all’interno del San Giovanni Battista, per troppo a lungo sottovalutato dalla Direzione aziendale che invitiamo ad intervenire quanto prima”.

“A nostro parere – le parole di Carducci – fermo restando le problematiche della sanità che ancora oggi è troppo ospedalocentrica e troppo poco concentrata sul territorio, l’ospedale di Foligno presenta delle peculiarità che lo rendono più esposto in tema di sicurezza. Si tratta di una struttura con accessi ovunque e i reparti diventano insicuri senza più un controllo all’ingresso. Serve riattivare la sorveglianza h24 all’ingresso, il contingentamento degli ingressi dopo una certa ora e riattivato il servizio di vigilanza così com’era prima del Covid. Il numero di aggressioni al personale sanitario è diventato impressionante che impone un cambio di passo. Cambio di passo che chiediamo su tutti i fronti, perché gli operatori e i cittadini non possono pagare il dazio di scelte sbagliate”.

“I medici e gli operatori sanitari – ha ricordato il rappresentante sindacale – sono un servizio pubblico, chiamato a lavorare secondo certe regole prestabilite. Non è accettabile che la loro sicurezza sia a rischio sui luoghi di lavoro e non è accettabile neanche che la loro professionalità sia messa a rischio. Chiediamo dunque all’Azienda sanitaria di prendersi carico dell’accaduto e di intervenire, prima che episodi del genere possano avere anche esiti infausti. D’altronde, ricordiamo che il Testo unico sulla sicurezza, il D.lgs 81/2008 specifica come sia in capo al datore la sicurezza del personale, sui luoghi di lavoro”.

Condividi questo articolo

Ultime notizie


Continua a leggere