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In Umbria 28mila pensionati in più rispetto ai lavoratori

In Umbria a fronte di 373.057 lavoratori attivi, si contano 401.288. Un saldo di 28.231 che è frutto delle dinamiche del mondo del lavoro e soprattutto dell’anzianità della popolazione, seconda soltanto alla Liguria, che è infatti l’unica regione del Nord ad avere un saldo negativo. La presenza di un maggior numero di beneficiari di pensioni rispetto ai lavoratori si riscontra in tutta l’Italia meridionale e al Centro, ad eccezione di Lazio e Toscana.

L’Umbria fa registrare anche un indice alto (73.3) di indice di anzianità dei lavoratori del settore privato -dato dal rapporto tra over 55eunder 35, che fa pensare che la situazione peggiorerà in futuro, se non ci sarà un robusto aumento dei lavoratori attivi. Da qui al 2029, del resto, andranno in pensione 44.800 lavoratori umbri, di cui 20.100 nel settore privato.

Quanto alla situazione nelle due province umbre, nel Ternano i pensionati nel 2024 risultavano 104.412 contro 89.730 lavoratori attivi (con un saldo di 14.682 unità). In provincia di Perugia i beneficiari di pensione nello stesso anno (l’ultimo disponibile) erano 296.876, contro 283.327 lavoratori attivi (saldo di 13.549 unità).

In Italia, evidenza l’Ufficio studi della Cgia, a fronte di 7,3 milioni pensioni pagate nel 2024 c’erano più di 6,4 milioni di occupati. Il Mezzogiorno è l’unica ripartizione geografica del Paese che presenta questo squilibrio. La regione con il disallineamento più marcato è la Puglia, che registra un saldo negativo
pari a 231.700 unità. Ad eccezione della Liguria, dell’Umbria e dalle Marche, invece, le regioni del Centro-Nord mantengono un saldo positivo che si è rafforzato, grazie al buon andamento dell’occupazione
avvenuto negli ultimi due-tre anni.

Dalla differenza tra i contribuenti attivi (lavoratori) e gli assegni erogati ai pensionati, spicca, sempre nel 2024, il risultato della Lombardia (+803.180), del Veneto (+395.338), del Lazio (+377.868), dell’Emilia Romagna (+227.710) e della Toscana (+184.266).

In Umbria da qui al 2029 quasi 45mila lavoratori da sostituire

In Umbria da qui al 2029 si dovranno sostituire circa 44.800 lavoratori (di cui 20.100 del settore privato) che andranno in pensione o comunque lasceranno la propria occupazione per dedicarsi ad altro. E’ la stima fatta dalla Cgia, valutando i futuri pensionamenti e gli abbandoni.

Un fenomeno che si stima in Italia interesserà poco più di 3 milioni di lavoratori, pari al 12,5% circa del totale nazionale. Ponendo problematiche di natura sociale ed economica. Certo, occorre anche considerare la velocità con cui sta cambiando il lavoro in alcuni settori, soprattutto quelli a più alto contenuto tecnologico o di automatizzazione. Basti pensare all’impatto che si stima avrà nei prossimi anni nel mondo del lavoro l’utilizzo dell’Intelligenza Artificiale.

A livello nazionale, oltre 7 sostituzioni su 10 interesseranno il settore di servizi, con uscite particolarmente importanti nel commercio (379.600 unità), nella sanità pubblica/privata (360.800) e nella Pubblica Amministrazione (331.700). Nell’industria, la Cgia segnale il numero di rimpiazzi a cui dovrà essere sottoposto il comparto delle costruzioni (179.300).

L’Umbria risulta a tranche le regioni con un indice di anzianità dei dipendenti del settore privato superiore alla media nazionale. Il rapporto tra gli over 55 egli under 35, che appunto per convenzione fissa questo indice, in Puglia è di 73.3, a fronte di una media italiana che è di 65.2.

Pensioni più leggere, ecco perché gli autonomi continuano a lavorare dopo la pensione

L’Ufficio di Presidenza della FIPAC Confesercenti dell’Umbria si è riunito nei giorni scorsi per esaminare le risultanze del 24° Rapporto Inps sulla situazione del sistema di welfare nazionale.
Dalla lettura dei quattro capitoli e degli allegati del Rapporto, l’Ufficio di Presidenza, guidato dal referente Pier Francesco Quaglietti, presente il coordinatore della Confesercenti Umbria nonché consigliere nazionale Fipac Sergio Giardinieri, si è soffermato sul capitolo 3, dedicato alle dinamiche pensionistiche.
Premesso che anche nella previdenza permangono le differenze di genere, le donne rappresentano il 51% del totale pensionati, ma raccolgono economicamente solo il 44% dei redditi pensionistici.
Le differenze risaltano anche tra i valori dei sistemi pensionistici: il Fondo Pensioni Lavoratori dipendenti, il 47% del totale, espone un importo medio lordo mensile pari a 1.408 euro mentre, la Gestione Autonoma Lavoratori Autonomi e Subordinati, rappresentante il 30% del totale delle pensioni, presenta un importo medio lordo di 942 euro. Fuori concorso la Gestione dei Lavoratori Pubblici con i suoi 2.221 euro che pesano per il 19% sul totale pensioni.

Questa differenziazione economica può, in parte, giustificare il proseguimento del lavoro dopo la pensione per il 19,2% dei commercianti e degli artigiani, e del 21,6% dei pensionati del settore agricolo (settore con le pensioni più basse tra i lavoratori autonomi). Non a caso i valori percentuali di proseguimento dell’attività per gli ex lavoratori dipendenti privati e pubblici sono praticamente nulli.
Le attività che vengono continuate dopo il pensionamento – sottolinea l’Ufficio di Presidenza della FIPAC Confesercenti dell’Umbria – sono sostanzialmente in linea con le attività precedentemente esercitate, “sia per il 79% degli ex artigiani e commercianti che continuano ad operare nello stesso ambito, sia per l’85% degli ex lavoratori agricoli che rimangono in settori riconducibili al lavoro autonomo”; queste attività, nello studio dell’Istituto di Previdenza, consentono al pensionato ex artigiano e commerciante, di raddoppiare quasi la pensione percepita.

“Abbiamo detto giustificare in parte il proseguimento del lavoro dopo la pensione – conclude FIPAC Confesercenti Umbria – perché oltre alla convenienza economica, vi è anche la componente legata all’età, più è bassa l’età di accesso alla pensione più è alta la disponibilità al proseguimento del lavoro, senza dimenticare la mancanza di un ricambio generazionale sia in famiglia che nel mercato del lavoro”.