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Parte da Norcia la richiesta di una nuova legge per il settore del tartufo

Una legge per salvare la tartuficoltura italiana e nuove tecniche di coltivazione per superare le criticità causate dai cambiamenti climatici

Una legge per salvare la tartuficoltura italiana e nuove tecniche di coltivazione per superare le criticità causate dai cambiamenti climatici:se ne è discusso a Norcia tra la Federazione nazionale tartuficoltori associati e l’Associazione tartuficoltori di Catalonia che hanno dato vita un interscambio di idee tra Italia e Spagna al fine di migliorare le tecniche di coltivazione dei tartufi e sviluppare nuove pratiche gestionali. «Solo lo sviluppo di nuove piantagioni e l’investimento in una maggior gestione forestale orientata, potrà garantire una sopravvivenza del tartufo alle estati sempre più calde e siccitose», ha spiegato all’ANSA Italo Placidilli, presidente dell’Associazione tartufai e tartuficoltori Pietro Fontana Spoleto-Norcia. «L’incontro che si è tenuto a Norcia – ha aggiunto – dà inizio a una collaborazione con i coltivatori spagnoli che sono leader mondiali di sistemi di irrigazione intelligenti, sviluppati per un maggior risparmio idrico. Il sistema industriale italiano, invece, cercherà di commercializzare e di sviluppare nuovi prodotti a base di tartufo nero pregiato. Il percorso avvia un dialogo tecnico ed economico destinato a consolidarsi nel tempo per contrastare il crescente ruolo, nel mercato internazionale, di prodotti provenienti da nuovi mondi. L’assenza di politiche volte a supportare la coltivazione del tartufo in Italia pone il nostro Paese in un ritardo produttivo molto pesante per tutte le aziende del settore». Il presidente ha quindi spiegato che «solo l’adozione di contratti di filiera permetterà una maggior efficienza del settore». «Nel testo di legge che abbiamo presentato – ha concluso Placidilli – chiediamo norme certe per salvaguardare anche le tartufaie naturali attraverso regole più stringenti per i cercatori».

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Vendemmia 2023, timori scongiurati

La peronospera ha fatto meno dal previsto. Produzione ridotta solo del 20 %

A fronte di timori di un calo della produzione di oltre il 50% a causa della diffusione della peronospora, o “muffa bianca”, che può causare gravi danni alle viti e compromettere la qualità e la resa del raccolto, la flessione (in base alle stime Assoenologi, Ismea e Unione italiana vini) nella regione è stata del 20% (al pari di Toscana e Lazio).
Un dato superiore al -12% fatto segnare a livello nazionale, ma migliore di quello di non poche altre regioni, soprattutto del Mezzogiorno d’Italia. E l’ultimo listino della Borsa Merci di Perugia, organo della Camera di commercio dell’Umbria, presenta un quadro dei prezzi al quintale pagati ai produttori per le uve per la produzione di vini Doc e Docg – ormai nella regione la gran parte della produzione vitivinicola – che vede un incremento medio del 15%, con punte del +20%, rispetto allo scorso anno. Questo significa – spiega la Camera di commercio – che il ricavo medio complessivo dei produttori di uve per vini Doc e Docg – tenendo conto del calo della produzione – diminuisce di circa il 5% rispetto allo scorso anno, quando le previsioni erano di un drastico crollo (il listino della Borsa Merci fa riferimento alla provincia di Perugia, ma estende la sua influenza anche sul mercato ternano).
Ovviamente dentro la media ci sono tante situazioni diverse, con produttori che hanno subito flessioni della produzione ben superiori al 20% e quindi accusano un arretramento significativo, rispetto allo scorso anno, dei ricavi complessivi, mentre altri hanno avuto riduzioni minime e quindi portano a casa un aumento dei ricavi complessivi rispetto alla vendemmia 2022. In tale quadro va evidenziato che la Borsa Merci della Camera di commercio dell’Umbria ha il pregio di indicare il prezzo delle merci pagato realmente al produttore, franco consegna ai centri di raccolta. Molte altre Borse considerano invece solo i prezzi praticati nelle contrattazioni tra grossisti.

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Umbria jazz sempre più importante per l’economia perugina

Uno studio della Camera del Commercio attesta un incremento della spesa totale pari al 31 % per rispetto al 2022

L’edizione 2023 di Umbria Jazz ha consolidato il trend di forte crescita evidenziato negli ultimi anni, con una variazione della spesa totale su tutta la città di Perugia del +31% rispetto all’edizione del 2022, che diventa +61% se il confronto si fa con il 2021 e +83% rispetto al 2019. Tutti gli indicatori economico-finanziari dell’edizione 2023 di UJ mostrano una crescita significativa rispetto al 2022.

Emerge dall’indagine “L’analisi di impatto economico dei grandi eventi turistici”, realizzata nell’ambito dell’azione della Camera di commercio dell’Umbria insieme al suo partner tecnico e scientifico Isnart e presentata al Ttg di Rimini. Lo studio, dopo l’intervento del presidente della Camera di commercio dell’Umbria, Giorgio Mencaroni, è stato illustrato dal segretario generale, Federico Sisti, e dal dirigente dell’area per la valorizzazione degli ecosistemi turistici e culturali di Isnart, Paolo Bulleri. È il frutto dell’analisi delle transazioni finanziarie rilevate in occasione dell’edizione 2023 di Umbria Jazz, in collaborazione con Experience Cloud Consulting. In sostanza, facendo leva sui dati transazionali del circuito di Mastercard, è stata costruita una serie di dataset per comprendere il comportamento di spesa dei cittadini italiani e stranieri in visita a Perugia durante le 10 giornate di Umbria Jazz nel luglio 2023. Il confronto dei dati con le tre precedenti edizioni e un focus di rilevamento su alcuni specifici parametri (numero transazioni, spesa media, volumi, nazionalità, geolocalizzazione dei comportamenti di spesa in occasione dell’evento e così via), hanno consentito di indagare gli andamenti di crescita, le ricadute nei settori merceologici coinvolti, delineando alcuni ambiti di ulteriore sviluppo della manifestazione, con particolare riferimento al potenziale di nuovi arrivi che una maggior visibilità su alcuni mercati esteri potrebbe ingenerare. L’analisi d’impatto costituisce uno strumento che la Camera di commercio dell’Umbria, in collaborazione con Isnart, sta utilizzando per restituire alle associazioni di categoria e ai portatori di interesse preziose informazioni sulle possibili azioni di policy e le direttrici di sviluppo e promozione regionale

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Numeri molto positivi per UmbriaLibri

Cala il sipario, a Perugia, sull’edizione 2023 di UmbriaLibri, una tre giorni risultata di grande successo, con numeri definiti importanti e oltre le aspettative dagli organizzatori

Oltre 55 appuntamenti nel cuore della città. Oltre tre mila le presenze registrate ed esauriti molti dei volumi proposti nello stand collettivo. “Siamo sbarcati in centro a Perugia quest’anno carichi di voglia di fare e di buone aspettative, dopo un lungo lavoro di preparazione che ha coinvolto la Regione, Sviluppumbria che cura l’organizzazione, gli editori umbri con cui ci siamo confrontati sulle soluzioni migliori per la mostra-mercato e per le presentazioni, con il Comune, e così via” ha detto il direttore artisitico di UmbriaLibri, Angelo Mellone. “È una questione di atmosfera, di appartenenza a un vagabondaggio culturale che abbiamo voluto raccontare con questa simbolica ‘occupazione’ del centro di Perugia” ha proseguito. “Per UmbriaLibri questa è l’edizione del cambiamento – ha detto l’assessore al turismo e alla cultura della Regione Umbria, Paola Agabiti – : conservando la sua radice di manifestazione nata per promuovere l’editoria umbra, con il direttore Angelo Mellone, abbiamo voluto da una parte riportare le case editrici nel cuore di Perugia, dall’altra iniziare un percorso nuovo che nelle prossime edizioni, faremo in modo che porti a un dialogo e un confronto aperto tra il mondo editoriale umbro e i grandi editori che operano a livello nazionale. In queste tre giornate di fine ottobre il libro e la cultura sono stati protagonisti nel capoluogo umbro attraverso la promozione delle produzioni editoriali, ma anche con i tanti incontri con gli autori e con le grandi case editrici che hanno presentato i loro lavori. A dicembre sarà la volta di Terni ma la ‘contaminazione’ di UmbriaLibri è arrivata e continuerà ad arrivare, su tutto il territorio regionale anche attraverso il racconto dei nostri borghi con il progetto dello ‘scrittore residente’. Saranno molti gli eventi legati a UmbriaLibri che si snoderanno nell’arco del 2024, con l’obiettivo di dare un ampio respiro a questa manifestazione che ha al centro la cultura e la lettura, i due pilastri per la crescita personale di ognuno di noi e per sviluppare quella conoscenza critica che ci rende cittadini liberi”.
L’assessore ha voluto ringraziare il direttore Angelo Mellone, Sviluppumbria che ha curato la gestione organizzativa e per prima, la presidente della Regione Umbria, Donatella Tesei, “per aver creduto nell’iniziativa”. “Grande soddisfazione per un’edizione che ha riportato Umbrialibri nella meravigliosa cornice del centro storico di Perugia” è stata espressa dall’amministratore unico di Sviluppumbria, Michela Sciurpa. “Sviluppumbria ha curato tutti gli aspetti organizzativi e operativi coinvolgendo ben 40 editori umbri tra Corso Vannucci e Piazza Matteotti – ha ricordato Michela Sciurpa-. Un ringraziamento al direttore artistico Angelo Mellone per questo evento culturale che ha portato in Umbria importanti autori di livello nazionale”

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Continua la crescita dell’ateneo umbro

Il rettore Maurizio Oliviero elenca i risultati ottenuti nel corso dell’ultimo triennio

«L’Università degli studi di Perugia ha raggiunto risultati importanti, di cui siamo soddisfatti e orgogliosi. Per il terzo anno consecutivo il nostro Ateneo è in crescita, in buono stato di salute, seppure in un contesto nazionale ed internazionale che ci impone di alzare lo sguardo»: il rettore dell’Università degli studi di Perugia, Maurizio Oliviero, ha aperto così la sua relazione durante la cerimonia di inaugurazione dell’anno accademico 2023-2024. «Questi risultati sono il frutto del lavoro straordinario di una comunità che io mi sento di ringraziare perché ognuno, con il proprio ruolo e la propria passione, ha dato la possibilità a questo Ateneo di raggiungere l’autorevolezza che la sua storia merita» ha aggiunto. Oliviero ha sottolineato che «sono circa 30 mila gli studenti dell’Università di Perugia, non computando gli immatricolati e le immatricolate di questo anno». «Un numero importante per noi» ha proseguito. «I nostri studenti – ha rilevato ancora il rettore – non sono una comunità passiva ma rappresentano per noi un costante punto di riferimento. Sono molto orgoglioso anche di comunicare che nella nostra comunità il 91 per cento dei nostri studenti sono molto soddisfatti dell’esperienza che stanno conducendo nel loro Ateneo. Quasi l’81 per cento dei laureati dello scorso anno ha trovato lavoro a tempo indeterminato. Ma il dato che ancora più mi conforta è che di questi ultimi più del 90 per cento è riuscito a trovate lavoro nel percorso di studi che ha affrontato nell’ambito nella nostra comunità. Questo perché ne sottolinea l’efficacia e l’importanza. Sono stati, inoltre, decuplicati negli ultimi tre anni gli investimenti che il nostro Ateneo, su risorse proprie, sta destinando alla ricerca, quest’anno sono più di 4 milioni, 147 i progetti di interesse nazionale che sono stati approvati al nostro Ateneo, circa 60 i progetti di brevetto depositati, così come grazie al piano nazionale di coesione sono molti i centri che da quest’anno stanno prendendo piede nella nostra Università». «L’attività internazionale per noi rappresenta un grande investimento» ha poi sottolineato Oliviero. «Io sono fortemente convinto – ha aggiunto – che i nostri giovani possono trovare, attraverso il nostro Ateneo e gli atenei del sistema nazionale del nostro paese, una porta di accesso al mondo, con esperienze che gli permetteranno di crescere, di acquisire competenze e la consapevolezza che la diversità è una risorsa e non un problema, per poi di ritornare a darci una mano a migliorare le nostre società. Sono più di 600 gli accordi internazionali sottoscritti, 26 i doppi titoli che il nostro Ateneo ha sottoscritto con altre istituzioni non solo europee». «Credo che l’Università, con i sia pur tanti difetti e manchevolezze – ha detto ancora il rettore – rimanga il luogo fisico e intellettuale dove si continua a far sentire la voce della cultura come strumento di costruzione di civiltà. Se è vero che stiamo vivendo un secolo complesso, le università possono adoperarsi per renderlo migliore, perché sono il luogo in cui si percepisce come a volte gli insegnamenti della storia vengano rimossi o mistificati ma è anche il luogo in cui educare i nuovi saggi perché possano riscrivere con la calligrafia della dignità e dell’onesta intellettuale il nostro futuro»

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Tesei: “L’accordo di programma per l’acciaieria sta procedendo”

La governatrice ha fatto il punto sui tempi di attuazione del piano di investimento a Terni da parte della famiglia Arvedi

«Né l’accordo di programma né il piano industriale di Ast si possono definire in stallo o in alto mare, ma sono il frutto di un percorso e di una procedura che sicuramente è complessa ma che sta andando avanti»: lo ha sottolineato la presidente della Regione, Donatella Tesei, rispondendo in Assemblea legislativa a una interrogazione del consigliere del Pd, Fabio Paparelli. Dopo aver ricordato che «sulla questione la Regione non fa propaganda e non fa annunci» la governatrice ha parlato di «ricostruzioni molto sconclusionate» da parte di alcuni, «frutto di impreparazione e fervida fantasia». «Ast vale 3.500 occupati per Terni – ha detto Tesei -, considerando i circa mille dell’indotto, perché noi ci dobbiamo preoccupare anche delle aziende che lavorano con Ast e dei relativi dipendenti, un tema questo da tenere sempre presente. L’altro elemento che va per forza chiarito è che Ast, per fortuna per certi aspetti, non vale 15 punti di percentuale di Pil dell’Umbria, un dato che è stato scritto e oggi è stato ripetuto in aula. Questo significherebbe 3 miliardi l’anno, ma in realtà l’Ast, che pure è una azienda strategica e importantissima anche ai fini dell’Umbria, vale il 4 per cento di Pil». «Ast, su cui grazie anche alla gestione precedente, fino al 2021 si era riusciti a tenere buona parte dell’occupazione – ha poi ricostruito la presidente -, all’avvento della famiglia Arvedi era una azienda su cui Thyssen oramai non investiva più. Questo in un settore in cui, invece, è fondamentale investire in modo massiccio, perché altrimenti non si ha una prospettiva industriale e reddituale di crescita. Come sappiamo bene Ast viene acquisita dal gruppo italiano Arvedi sulla base di un piano di rilancio della produzione nazionale dell’acciaio, attraverso anche delle interlocuzioni con l’allora Governo Draghi e con la prospettiva di un sostegno da parte di questo ultimo a un piano industriale di rilancio aziendale. Per questo il gruppo Arvedi, che fin dalle prime analisi dell’ottobre 2021 identificò i fattori di rischio e viceversa di potenziale sviluppo, studiò un piano industriale che facesse di Ast una moderna acciaieria di rilievo mondiale per certi tipi di produzione, sviluppando nel tempo livelli occupazionali e ritorni di investimento sul territorio. Punto cardine era ridurre l’impatto ambientale. Nacque così il famoso piano di oltre un miliardo di investimento che oltre ai cardini industriali e occupazionali, tra cui l’investimento nell’unico sito ternano, prevede la totale decarbonizzazione della fabbrica e l’azzeramento di emissioni industriali di CO2, attraverso interventi strutturali sulla fabbrica e 100 milioni almeno di investimenti ambientali. Piano che la parte privata si è impegnata a finanziare con adeguate garanzie per oltre 700 milioni, chiedendo poco meno di 300 milioni di supporto pubblico, come è normale in un piano strategico per l’Italia e l’Europa ad elevato impatto ambientale positivo. La strada che il governo Draghi scelse fu quella di una parte preponderante del contributo pubblico con accesso al fondo Pnrr destinato specificatamente all’abbattimento delle emissioni delle aziende difficili da decarbonizzare, come ovviamente è l’industria dell’acciaio. Il piano industriale fu pensato per rispondere pienamente ai criteri di eleggibilità del fondo e, allo stesso tempo, che fosse forte dal punto di vista del rilancio industriale. Dopo moltissimo lavoro nel mese di agosto il Mase, ministero competente per il fondo, ha emesso una apposita determina direttoriale che dichiarava eleggibile per questo tipo di intervento e, contestualmente, ha inviato questa proposta alla direzione generale Competition della Commissione Europea per quanto attiene al semaforo verde, ossia alla eleggibilità all’accesso a questo fondo. Questo è un percorso che è previsto dalla legge e oggi la situazione di questo settore specifico è ancora all’esame della commissione Competition. Deve essere chiaro che non è il piano industriale o l’accordo di programma di Ast ad essere andato in commissione ma solo questa parte che riguarda l’aspetto dell’eleggibilità per accedere agli aiuti di Stato. Sempre in agosto sono terminati i lunghi lavori del Governo per la predisposizione della bozza di accordo di programma, la cui circolazione e definizione è stata ovviamente sospesa in attesa di questo ok europeo. Da allora azienda, Regione e Governo sono in attiva attesa e stiamo interloquendo con la commissione europea proprio per avere questo sblocco e finalmente questo semaforo verde». La presidente si è poi soffermata sul tema dell’energia «per tutte le nostre aziende strategico». «Oggi in Italia si pagano 137 euro al megawatt ora – ha spiegato -, nel nord Europa di paga la metà, un terzo in Asia e negli Stati Uniti. Questo è un problema che riguarda naturalmente tutte le aziende energivore ed è un problema enorme per una azienda come Ast. Anche su questo l’Umbria ha fatto di tutto e di più per le proprie aziende e sul dossier Ast fin dalle prime battute. Siamo attivi con Enel e il Governo, insieme naturalmente all’azienda, su un ampio set di interventi su cui avrò a novembre un incontro con i vertici di Enel. Questo è un tema estremamente complesso e molto sovraordinato rispetto alle nostre competenze regionali ma sul quale non abbiamo mai avuto timore di attivarci e continueremo a farlo perché sicuramente una azienda come Ast è strategica non solo per la nostra regione ma per il sistema italiano e europeo».

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Solo a Perugia 500 famiglie rischiano di perdere la casa

Ci sono oltre 500 famiglie, solo a Perugia, che rischiano di perdere la casa nei prossimi mesi a causa delle morosità accumulate per oneri condominiali non sostenibili

Ci sono oltre 500 famiglie, solo a Perugia, che rischiano di perdere la casa nei prossimi mesi a causa delle morosità accumulate per oneri condominiali non sostenibili.
Lo riferisce la Cgil regionale, spiegando che tra queste ci sono le 44 famiglie residenti in via Missigliano a Castel del Piano, condominio Ater dove sono state già attivate le decadenze per morosità. Martedì 24 ottobre le inquiline e gli inquilini, insieme al Sunia e alla Cgil, saranno in presidio davanti a palazzo Cesaroni, dove è in programma la riunione dell’Assemblea regionale dell’Umbria, “per chiedere un intervento della politica che scongiuri questa situazione gravissima”. L’appuntamento è in piazza Italia, a Perugia, alle ore 10.00

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Il grande freddo demografico della provincia di Perugia

Allarmanti i dati relativi alla popolazione e al mercato del lavoro

Dalla presentazione dei dati Inps, che si è tenuta a Perugia nella sala Brugnoli di Palazzo Cesaroni, emerge nel dettaglio per la provincia un quadro “impietoso” relativamente all’indice di natalità e quindi di invecchiamento, un indice di “non buona e non stabile occupazione” e con l’aumento costante delle prestazioni legate alle indennità per non autosufficienza e pensioni di invalidità che mettono in evidenza poi un quadro “molto negativo” dello stato di salute della popolazione.
Dopo i saluti istituzionali del presidente dell’Assemblea legislativa regionale Marco Squarta, dell’assessore del comune di Perugia Luca Merli e anche del segretario generale Cisl Umbria Angelo Manzotti, ha fatto seguito la tavola rotonda “Quadro sociale ed economico della Provincia di Perugia: valutazioni evolutive di medio e lungo termine”, moderata dal giornalista della Rai Ivano Porfiri, con interventi anche di Antonio Maria Di Marco Pizzongolo, direttore regionale Inps Umbria, Federico Malizia, presidente sezione di Perugia Confindustria Umbria, Andrea Cardoni, docente Università degli Studi di Perugia e Stefania Proietti, presidente della Provincia di Perugia. “La situazione del mercato del lavoro e quella socio sanitaria non versano in buone condizioni e quindi c’è bisogno di giornate come queste che servono ad analizzare dei dati oggettivi per riflettere su quelle che possono essere le manovre da mettere in campo” ha affermato Simone Polverini, presidente del comitato Inps della provincia di Perugia, il quale ha poi ricordato che per la prima volta si presenta un bilancio a livello provinciale e non più solo regionale. Per Daniele Bernacchi, direttore provinciale Inps Perugia, il dato a preoccupare di più, con gli altri invece che sono “in miglioramento”, è quello demografico, con una popolazione che invecchia e che diminuisce, perchè “i sistemi di welfare sono sostenibili e inclusivi solo nel momento in cui sono supportati da un andamento demografico coerente”. Bernacchi ha quindi sostenuto che “bisogna agire velocemente perché gli effetti delle politiche demografiche si vedono nel lungo termine”. Le conclusioni sono state affidate a Roberto Ghiselli, presidente del consiglio indirizzo e vigilanza Inps, che ha fatto un parallelo con la situazione nazionale: “La tendenza in Umbria – ha detto – è simile a quella italiana, con il 2022 caratterizzato come anno di ripresa anche in questo territorio attraverso indicatori come il calo della cassa integrazione e l’aumento dell’occupazione. Però questa è una regione che è collocata al di sotto della media nazionale nella fase di ripresa. Il problema è quindi che attualmente gli elementi di preoccupazione prevalgono, visto che nel secondo semestre del 2023 le previsioni sono quelle di un rallentamento se non di una inversione di tendenza per le dinamiche occupazionali con aumento della cassa integrazione e per la riduzione del Pil”. Quindi l’istituto, ha aggiunto Ghiselli, “dovrà essere attento, come ha fatto in passato, a prepararsi rispetto ad una situazione futura che forse non sarà delle migliori”. Analizzando nel dettaglio il Rendiconto sociale Inps 2022 della provincia di Perugia, i dati contenuti nelle tabelle evidenziano dal punto di vista demografico una provincia che passa da un saldo naturale tra nascite e decessi di meno 1.140 del 2011 a meno 4.486 del 2021, “un dato non confortato neanche dal saldo tra emigrati ed immigrati, che pur mantenendosi costante, non rappresenta certamente una soluzione allo spopolamento della nostra provincia”, come ha sottolineato il presidente del Comitato Provinciale Polverini. I dati del mercato del lavoro indicano, invece, una crescita del tasso di disoccupazione per il 2022 rispetto al 2021, ma all’aumento del numero di assunzioni corrisponde anche un aumento del numero delle cessazioni dei rapporti di lavoro, riducendo il saldo netto. A supporto di questa lettura c’ è anche il dato del ricorso agli ammortizzatori sociali che, pur vedendo il crollo “vertiginoso” delle ore di cassa integrazione ordinaria, straordinaria e in deroga, attivata rispetto al periodo pandemico, vede però aumentare di oltre 4.000 unità il numero delle richieste di indennità di disoccupazione. Le prestazioni legate alle indennità per non autosufficienza e pensioni di invalidità, in costante aumento, sempre per Polverini, “ci devono interrogare sulla evidente necessità di rafforzare il sistema sanitario pubblico, universale e accessibile a tutti, di abbattere le liste di attesa delle strutture sanitarie e di rilanciare il ruolo della sanità territoriale e di prossimità come strumento per una adeguata prevenzione”.

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Futuro dell’acciaieria, sindacati in pressing su Arvedi e istituzioni

Si sollecita l’attuazione del piano industriale da u960 milioni di euro

Ritengono che per l’Ast di Terni si sia “arrivati ad un passaggio decisivo per il futuro del sito industriale integrato” i sindacati dopo l’incontro in Regione con le istituzioni locali relativo ad un aggiornamento sulla situazione inerente le politiche industriali e di sviluppo del gruppo.
Appuntamento che “non ha sciolto i nodi che ormai da troppo tempo sono presenti” sottolineano Cgil, Cisl e Uil.

Le organizzazioni sindacali nel ribadire, in un comunicato congiunto, le “criticità più volte evidenziate nel percorso svolto e nel non coinvolgimento delle parti sociali”. “Ast Terni – aggiungono – rappresenta una eccellenza del manifatturiero italiano, una produzione strategica nel panorama degli acciai speciali europei e principale ricchezza economica e produttiva per la Regione Umbria. Riteniamo che istituzioni, Governo e Unione europea debbano in tempi rapidi fornire risposte sull’accordo di programma”. Per Cgil, Cisl e Uil “vanno assolutamente esplicitati e certificati da tutti gli attori coinvolti i tempi, gli impegni in esso contenuto in sede di governo; quali e quanti fondi ministeriali o altre risorse vengono messe a disposizione per il territorio ternano; i diversi strumenti Pnrr-Area Sin – fondi ministeriali – Fondi europei ed altri si intreccino tra di loro e su quali capitoli di spesa o investimento si indirizzino dentro una idea di sviluppo integrato e sostenibile ben precisa che tenga presente temi fondamentali che come sindacato abbiamo evidenziato già in passato come energia”.
“Nodi decisivi – spiegano ancora i sindacati – ai quali siamo interessati non solo per Ast ma per l’insieme del territorio”. “Crediamo che non sfugga a nessuno – sostengono Cgil, Cisl e Uil – il fatto che investire su infrastrutture materiali ed immateriali, affrontare i temi dell’approvvigionamento energetico, proseguire il miglioramento continuo sull’ambiente, investire e migliorare i fattori localizzativi territoriali e valorizzare il lavoro in termini quantitativi e qualitativi anche secondo gli indicatori Esg, rappresentino i presupposti indispensabili verso uno sviluppo sostenibile in tutte le sue accezioni nell’interesse generale di tutta la comunità ternana e il suo comprensorio. Tutto ciò deve essere propedeutico al rafforzamento di Arverdi Ast ma anche alla costruzione di una vision complessiva per un modello di sviluppo territoriale che possa creare i presupposti anche per nuovi insediamenti produttivi. In questa ottica vanno rafforzati i diversi livelli di interlocuzione sindacali. Pensiamo che il Arvedi-Ast debba trascrivere i buoni propositi annunciati, su un piano industriale di rilancio e sviluppo delle produzioni ternane e come i progetti si intersecano con l’accordo di programma. Piano industriale che affronti i temi degli investimenti di processo e di prodotto, le strategie commerciali, la sostenibilità produttiva, ambientale e sociale ed il relativo posizionamento dell’asset ternano dentro lo scacchiere delle produzioni nazionali ed internazionali. Piano industriale che affronti il tema dell’occupazione rendendo le relazioni sindacali sempre più partecipative. Ribadiamo che occorrono impegni precisi e certi che diano il senso di un’azienda capace di guardare al futuro raccogliendo e anticipando le sfide che nel settore degli acciai si presenteranno. Vanno assunti impegni precisi sui temi di salute, ambiente e sicurezza mettendo al centro il valore del lavoro anche attraverso il rinnovo del protocollo Sas, Salute, ambiente e sicurezza, rilanciando l’iniziativa di un protocollo che regoli e tuteli il sistema dei lavoratori in appalto. Serve difendere il valore delle filiere produttive sviluppatesi in questi anni nel territorio ed investire su una nuova organizzazione della logistica e dei trasporti con finalità di sostenibilità ambientale. “Per queste ragioni Cgil-Cisl-Uil chiedono e ribadiscono con forza – si legge ancora nel loro comunicato – una assunzione di responsabilità dei soggetti interessati per definire in fretta quanto ancora sospeso. Il dilazionare dei tempi e le troppe incertezze rischiano di indebolire complessivamente il tessuto produttivo, economico e sociale di questo territorio. Lavoratori e lavoratrici, cittadine e cittadini ma più in generale la Comunità ternana merita risposte certe capaci di guardare al futuro con ottimismo che tenga coesi tutti questi elementi senza contrapposizioni. Ne vale il futuro di Terni e della fabbrica”.

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Le grandi aziende umbre godono di buona salute

Il totale del fatturato nel 2019 delle prime 20 in classifica era di circa 10,6 miliardi di euro, nel 2022 è balzato a 16,5 miliardi

Godono di “ottima salute” le grandi aziende dell’Umbria secondo le anticipazioni della trentesima edizione dell’Annuario economico d’Italia di ESG89. Il totale del fatturato nel 2019 delle prime 20 in classifica era di circa 10,6 miliardi di euro, nel 2022 è balzato a 16,5 miliardi. Il valore del risultato di esercizio è invece passato dai 258 milioni del 2019 a 602 milioni nell’esercizio 2022.
“L’Umbria nel 2022 – sottolinea Giovanni Giorgetti presidente del centro studi ESG89 – ha saputo recuperare completamente la caduta del Pil registrata nel 2020 a causa della pandemia performando anche meglio di altre regioni del centro Italia. Lo scenario per il 2023 si è un po’ complicato a causa del mordere dell’inflazione, del conseguente innalzamento dei tassi di interesse e quindi del rallentamento generale degli investimenti. Anche la disoccupazione ha toccato in regione il minimo storico attestandosi al 6-6,1%. Ci sarà, di contro, da lavorare molto sulla dinamica della politica dei redditi: troppo bassa per il ‘Cuore verde d’Italia’ che si attesta fra le posizioni meno virtuose d’Italia con un reddito medio pro-capite di soli 28.530 euro. E questo contribuisce a limitare inevitabilmente l’attrattività delle nostre imprese per i giovani diplomati-laureati o addirittura ne alimenta la fuga in altre regioni o all’estero. L’Umbria – conclude Giorgetti – ha però le carte in regola per diventare nei prossimi anni la regione della ‘sostenibilità delle eccellenze'”.

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