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Cambia il lavoro in Umbria, ecco dove si assume

Dal Bollettino Excelsior emergono una crescita economica anemica e il lavoro che cambia in Umbria: deindustrializzazione e più servizi, luci e ombre della terziarizzazione avanzata. In soli due anni l’industria (comprese le costruzioni) è scesa dal 39,8% al 34,7% delle assunzioni previste.

Dalle previsioni degli imprenditori sugli avviamenti al lavoro emerge una regione che continua a creare occupazione, ma con un passo più lento mentre l’economia rallenta e la produttività ristagna o arretra, ampliando il fenomeno del lavoro “povero”. Industria in arretramento strutturale, servizi in espansione. Le imprese cercano profili che non trovano e i laureati restano ai margini. Un’Umbria che si trasforma, ma senza la spinta dell’innovazione. Non un crollo, non un’inversione brutale, ma un progressivo scivolamento verso un’economia più leggera, meno industriale, più legata ai servizi e, soprattutto, meno capace di valorizzare le competenze alte.

Il commento di Mencaroni

Commenta Giorgio Mencaroni, presidente della Camera di Commercio dell’Umbria: “Il Bollettino Excelsior ci consegna dati che richiedono una lettura attenta. Il rallentamento della produttività e l’aumento dei lavori meno qualificati mostrano che il tema centrale è la qualità dello sviluppo, non solo la sua quantità. La struttura economica dell’Umbria sta cambiando in modo profondo: questo impone a tutti noi – imprese, istituzioni, mondo della formazione – uno sforzo ulteriore per elevare competenze, capacità innovative e solidità dei sistemi produttivi. La Camera di Commercio è da tempo impegnata in questa direzione, attraverso strumenti, servizi e iniziative che accompagnano i diversi comparti in un contesto complesso. I dati ci ricordano che la competitività del territorio dipende dalla capacità di affrontare questi passaggi con visione e responsabilità condivisa”.

Economia lenta, occupazione che cresce ma perde slancio e qualità

Nel primo semestre la crescita dell’Umbria si ferma allo 0,6%, informa la Banca d’Italia. Un numero piccolo, che però ha un significato preciso: la regione non si sta riducendo, sta semplicemente avanzando con meno energia. È la stessa fotografia che riguarda l’Italia, nonostante la coda lunga degli investimenti del Pnrr. E quando il motore gira piano, il mercato del lavoro inevitabilmente rallenta.

Le assunzioni previste per novembre – escluso il settore agricolo censito solo da metà 2025 e per il quale quindi non è possibile fare confronti con gli anni precedenti – scendono da 5.700 nel 2024 a 4.730 nel 2025: un calo del 17%. Una contrazione che sarebbe facile leggere come un arretramento, ma che di fatto segnala solo una crescita meno vivace. La base occupazionale umbra continua infatti ad ampliarsi, come ricorda Bankitalia, ma lo fa a un ritmo che rispecchia la condizione di un’economia in rallentamento.

Un dato non secondario emerge con forza: da anni l’occupazione cresce più del Pil. È il segnale inequivocabile di una produttività stagnante, quando non in diminuzione. E questo squilibrio produce effetti molto concreti: aumento dei lavori instabili, salari più bassi, contratti più fragili: da qui l’allargarsi del fenomeno del lavoro “povero”, che è la vera ombra sotto la superficie dei numeri.

Industria: una crisi che non passa, ma si stabilizza

Il cuore della fragilità umbra resta l’industria. Le assunzioni previste a novembre calano da 2.220 nel 2024 a 1.640 nel 2025. La discesa non ha più i tratti dell’oscillazione ciclica: è diventata una condizione stabile e strutturale. L’Umbria perde industria come il resto d’Italia, ma lo fa con un’intensità maggiore. Ogni anno si assottiglia la base produttiva, si riduce la capacità innovativa e il tessuto manifatturiero perde pezzi.

Anche i servizi segnano una flessione (da 3.480 a 3.090), pur restando il pilastro dell’occupazione regionale. L’agricoltura registra 430 avviamenti previsti (nel complesso, se si comprende l’agricoltura, le assunzioni previste in Umbria a novembre sono 5.170).

Nel trimestre novembre-gennaio, le imprese umbre programmano 16.130 assunzioni. È un numero che testimonia vitalità, ma incontra un ostacolo ormai strutturale: nel 53% dei casi, le aziende non trovano le figure di cui hanno bisogno. Un valore molto superiore alla media italiana (45,7%), segno che la distanza fra domanda e offerta continua ad ampliarsi. La difficoltà non riguarda tanto la qualità dei candidati quanto la loro assenza.

La debolezza dell’Umbria nell’attrarre e impiegare competenze elevate

Il 10% di assunzioni destinate a laureati è un dato che fotografa una debolezza storica. L’Italia si ferma al 13%, già insufficiente in chiave europea. L’Umbria va ancora più indietro.

E lo stesso accade per dirigenti, specialisti e tecnici: 13% delle entrate previste, contro il 17% nazionale.

Sono cifre che dicono una cosa semplice: l’economia umbra funziona, ma fatica a crescere qualitativamente. Non produce abbastanza lavori ad alto valore aggiunto, non trattiene i giovani formati, non crea un ecosistema competitivo. L’esito è noto: fuga di competenze, indebolimento del capitale umano, prevalenza di mansioni tradizionali.

Servizi in espansione: commercio, turismo, cura

Il cambiamento strutturale dell’Umbria è evidente confrontando i dati con quelli di due anni fa. L’industria (costruzioni incluse) passa dal 39,8% al 34,7% delle assunzioni previste, al netto dell’agricoltura per cui, come detto, non sono possibili confronti con gli anni antecedenti il 2025. Simmetricamente crescono i servizi (al netto dell’agricoltura, assorbono il 65,3% delle previsioni di assunzione da parte degli imprenditori, mentre al lordo dell’agricoltura la percentuale è del 61,7%).

Il commercio avanza dal 14,9% al 18,2%, il turismo dal 15,6% al 17,1%, i servizi alla persona dal 9,6% al 10,6%. Le costruzioni frenano, scendendo dal 14,3% al 12,1%, segno di un settore che esaurisce la stagione straordinaria degli incentivi.

Il punto critico resta l’assenza di un vero terziario innovativo. La regione si muove, cambia forma, amplia i servizi tradizionali, ma non inserisce quella componente avanzata che altrove è il motore della crescita, della competitività e della qualità del lavoro.