
Unipg stabile in Italia, ma perde posizioni nella classifica mondiale
L’Università degli Studi di Perugia resta al 17esimo posto tra gli Atenei italiani, ma perde posti nella classifica del Global 2000 del Center for World University Rankings (CWUR).
L’ateneo umbro, pur migliorando le proprie performance di ricerca, perde dieci posizioni rispetto al 2024 e scivola dal 423° al 434° posto mondiale. Peggio ancora se si guarda al medio periodo: -47 posizioni dal 2021 e -90 negli ultimi dieci anni. Una tendenza che rispecchia quella nazionale: l’80% delle 66 università italiane incluse nel ranking 2025 ha perso terreno.
Nel dettaglio, Perugia resta stabile al 17° posto tra gli atenei italiani, dietro realtà come La Sapienza, Padova, Milano Statale e Politecnico, Bologna, Torino e Napoli Federico II. La sua flessione, quindi, non è sintomo di un crollo interno, ma della crescente difficoltà del sistema accademico italiano nel mantenere la posizione nel confronto internazionale.
La ricerca sale, il ranking scende
Paradossalmente, il 2025 è un anno in cui l’Ateneo perugino migliora nel punteggio legato alla ricerca, passando da 305 a 405 punti. Ma questo non basta. Il ranking CWUR si basa su quattro parametri: qualità dell’istruzione (25%), occupabilità dei laureati (25%), qualità del corpo docente (10%) e produttività nella ricerca (40%).
Perugia migliora nel settore dove pesa di più, ma il miglioramento è inferiore a quello di molte altre università nel mondo. Questo comporta una retrocessione automatica. L’indicatore globale è infatti relativo: se cresci meno degli altri, retrocedi anche se migliori.
I numeri del decennio: 344° nel 2015, 434° nel 2025
Nel 2015 l’Università di Perugia era 344ª a livello mondiale. In dieci anni ha perso 90 posizioni. E non solo: tra gli atenei italiani era al 14° posto, oggi è al 17°. Sul fronte della ricerca il dato è ancora più eloquente: nel 2015 il punteggio CWUR era di 642 punti, oggi è sceso a 405.
Si tratta di una perdita di 237 punti in un decennio, che non può essere letta come semplice conseguenza di dinamiche internazionali. Se è vero che molti Paesi hanno investito in modo massiccio nelle proprie università, è altrettanto evidente che la capacità attrattiva e competitiva dell’Ateneo perugino si è indebolita.
Il confronto con il 2021-2022: -47 posizioni
Nel 2021-22 Perugia era al 387° posto. Da allora ha perso 47 posizioni, pur aumentando nel contempo il punteggio nella ricerca da 353 a 405. Ma non è bastato: nel frattempo, molti atenei internazionali hanno fatto balzi in avanti grazie a strategie chiare, finanziamenti pubblici e privati, programmi di attrazione dei talenti e sinergie forti tra università e sistema produttivo.
Un esempio è la rapida ascesa di atenei mediorientali e asiatici, come quelli di Singapore, Emirati Arabi Uniti e Corea del Sud. Paesi che hanno deciso di puntare sull’alta formazione per diversificare i propri modelli di sviluppo e diventare hub scientifici globali. In Italia, invece, si continua a ragionare in termini difensivi, senza una vera politica industriale della conoscenza.
Le parole del CWUR: “Italia in affanno per mancanza di fondi”
“Con 66 università italiane in classifica, l’Italia è ben rappresentata tra le migliori al mondo. Ma il declino è preoccupante”, ha dichiarato oggi Nadim Mahassen, presidente del CWUR. “La debolezza delle performance nella ricerca e lo scarso sostegno finanziario da parte del governo sono fattori chiave. Senza investimenti più consistenti e una pianificazione strategica, l’Italia rischia di restare indietro”.
Il CWUR ha valutato oltre 21.000 atenei e inserito nella classifica finale solo i migliori 2.000. I criteri usati rendono il confronto internazionale particolarmente severo, e ogni piccolo scarto può portare a salti anche di decine di posizioni.
Il commento di Castellini
Commenta il giornalista Giuseppe Castellini, che ha analizzato i dati: “L’Ateneo umbro non parte da zero. Ha strutture solide, un corpo docente qualificato, una reputazione storica. Ma oggi questi elementi non bastano più. Servono nuove forme di finanziamento, collaborazioni strategiche con aziende, enti locali e realtà internazionali. Bisogna attrarre talenti da tutto il mondo, sostenere i giovani ricercatori, investire in infrastrutture digitali e potenziare l’offerta didattica anche in lingua inglese”.
“Anche la capacità di promuoversi all’estero – ricorda Castellini – ha un peso crescente: i ranking sono strumenti anche di diplomazia scientifica. In questo contesto, Perugia deve rafforzare la propria presenza nei network internazionali e diventare più riconoscibile sul piano globale.
“Perugia – conclude – può ancora recuperare terreno, ma servono una visione strategica, investimenti mirati e una nuova narrazione del ruolo che l’università può avere per il futuro del territorio. Il tempo per invertire la rotta non è finito. Ma non è più molto”.