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Tag: Carcere

Sappe: “Violenti scontri nei carceri di Terni e Spoleto”

“Violenti disordini” provocati “per ore” da alcuni detenuti all’interno dei carceri di Terni e Spoleto. A denunciare la situazione è il Sappe (Sindacato autonomo polizia penitenziaria), con il segretario umbro Fabrizio Bonino.

“In entrambe le carceri umbre – scrive Bonino – sembra che i danni ai Reparti coinvolti – tutti e due destinati alla Media sicurezza – sono stati significativi: si pensi che persino alcuni familiari di detenuti ci hanno contattato per avere notizie sulla situazione. Purtroppo, ancora una volta, il grido d’allarme lanciato dal Sappe rimane inascoltato da un’Amministrazione regionale sempre più distante e assente. Non a caso, buona parte dei gravi eventi critici violenti che accadono vedono protagonisti proprio detenuti assegnati da Firenze. Insomma, l’Umbria e le sue carceri sono diventate la discarica sociale della Toscana: e questo è inaccettabile! Per questo auspichiamo che la riapertura a Perugia del Provveditorato regionale dell’Amministrazione Penitenziaria dell’Umbria avvenga in tempi rapidi”.

Il segretario generale del Sappe, Donato Capece, rinnova al DAP la richiesta di potenziamento degli organici della Polizia Penitenziaria dei Reparti regionali, rammentando che “la popolazione carceraria nazionale attuale è composta per un 30% di detenuti in attesa di giudizio; 30% di detenuti extracomunitari e un 20% di tossicodipendenti”. 

Il leader nazionale del sindacato ricorda infine che “il Sappe da decenni chiede l’espulsione dei detenuti stranieri, un terzo degli attuali presenti in Italia, per fare scontare loro, nelle loro carceri, le pene ma anche la riapertura degli Ospedali Psichiatrici Giudiziari dove mettere i detenuti con problemi psichiatrici, sempre più numerosi, oggi presenti nel circuito detentivo ordinari”.

E torna a chiedere la dotazione, per il personale del Corpo, di strumenti di tutela e garanzia non letali come i flash ball ed i bola wrap: il primo è un fucile che spara proiettili di gomma, già in dotazione alla Polizia Penitenziaria francese, mentre la seconda è un’arma di difesa che spara lacci bloccante le gambe dei riottosi, anch’essa già in uso ad alcune Polizie locali di alcune città italiane.

Stanza dell’amore, a Terni il primo incontro intimo di un detenuto

Ha ricevuto la sua compagna in una stanza climatizzata, dotata di letto matrimoniale, un bagno e un televisore. Un incontro lontano da occhi indiscreti, ma dietro le sbarre. Perché lui è un detenuto 60enne, recluso nel carcere di Sabbione a Terni, il primo in Umbria che si è dotato della stanza dell’affettività, chiamata anche stanza dell’amore.

Ad allestirla sono stati i detenuti impegnati nelle squadre di manutenzione ordinaria del fabbricato.

Secondo le linee guida del Dap, gli incontri (dai quali sono esclusi i detenuti al 41 bis e quelli in regime di sorveglianza particolare perché potenzialmente pericolosi) possono avvenire una volta al mese, per una durata massima di due ore e in ambienti che non siano chiusi dall’interno.

Al momento Terni può ospitarne uno al giorno, ma si pensa di organizzarsi per consentirne tre al giorno.

Il garante dei detenuti dell’Umbria, l’avvocato Giuseppe Caforio, chiede investimenti per garantire incontri intimi in tutte le carceri umbre.

Critico il sindacato Sappe, che in una nota ritiene che in questo modo venga svilita la dignità professionale dei detenuti, costretti ad essere i custodi dell’intimità altrui.

La confessione di Romita: “Ecco perché ho ucciso Laura”

Il 48enne si trova in carcere a Maiano: ha strangolato la moglie dopo l’ennesima lite perché lei voleva un figlio

Con un minuto di silenzio in apertura della seduta del Consiglio comunale le Istituzioni hanno voluto manifestare il cordoglio della città di Spoleto per l’uccisione di Laura Papadia, strangolata dal marito Ginaluca Romita nella loro abitazione all’interno della Rocca dei Perugini.

Un’uccisione, ha confessato l’uomo nell’interrogatorio a cui è stato sottoposto in commissariato prima di essere portato nel carcere di Maiano, nato per continue liti a causa della volontà della donna, 37enne, di aver un figlio. Lui invece di figli ne ha già due, da precedenti relazioni. Liti continue, sino a quella dell’altra notte, in cui Romita ha strangolato la moglie. Per poi recarsi al Ponte delle Torri per togliersi la vita, venendo però fermato dai poliziotti ai quali lui stesso aveva telefonicamente comunicato quanto appena compiuto.

Sarà l’autopsia a confermare le cause del decesso. E soltanto dopo l’ultimo esame autoptico la salma potrà essere riconsegnata ai familiari, che risiedono a Palermo, dove saranno celebrati i funerali. Quel giorno, a Spoleto sarà proclamato il lutto cittadino

Intanto sabato 29 marzo alle ore 18,30 si terrà una fiaccolata per sensibilizzare l’opinione pubblica alla piaga della violenza sulle donne, organizzata dall’Amministrazione comunale in collaborazione con il Centro Anti Violenza.

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Detenuto di 56 anni dà fuoco alla cella, muore in ospedale

E’ morto in ospedale il 56enne tunisino, detenuto nel carcere di Capanne, che mercoledì mattina ha dato fuoco al materasso, alle coperte ed a quanto altro di infiammabile c’era nella sua cella.

La salma è ora a disposizione dell’autorità giudiziaria in ospedale, “dove l’uomo era stato portato dalla polizia penitenziaria nell’estremo tentativo di salvargli la vita” spiega il segretario del Sappe (Sindacato Autonomo Polizia Penitenziaria) Fabrizio Bonino, che ha dato la notizia del tragico evento.

“L’uomo – racconta il sindacalista – era stato spostato da Reparto penale a quello circondariale ed è lì che ha inscenato la folle e drammatica protesta che gli è costata la vita”. L’intervento degli agenti, pur tempestivo, non è bastato a salvargli la vita.

Bonino segnala che il tragico evento è stato commesso nella Terza Sezione del carcere, da tempo al centro delle critiche sindacali per la sua fatiscenza, tanto che nel corso di una recente visita ispettiva del SAPPE i vertici nazionali e regionali del sindacato avevano chiesto al DAP di “valutare attentamente la possibilità di un cambio ai vertici dell’Istituto, in quanto solo attraverso una gestione più attenta e responsabile si potranno garantire condizioni di lavoro dignitose al personale e un’effettiva sicurezza all’interno della struttura”.

Il segretario generale Donato Capece aveva espresso “profonda delusione per le condizioni in cui sono costretti a operare: In diversi settori dell’Istituto, e in particolare presso la “Terza Sezione”, abbiamo riscontrato importanti infiltrazioni di acqua piovana sui soffitti. Le mura di molte Sezioni risultano sporche e in alcune zone sono ancora presenti residui di escrementi umani, lanciati dai detenuti nel tentativo di colpire il personale. Ristretti che, per altro, si trovano ancora all’interno della struttura, senza che siano stati presi provvedimenti per il loro trasferimento. Ulteriore criticità riguarda i cancelli automatici, che risultano non funzionanti da diverso tempo. Questo non solo complica il regolare svolgimento delle attività quotidiane, ma rappresenta anche un potenziale rischio per la sicurezza dell’intera struttura, considerando la necessità di una tempestiva gestione degli accessi e della c.d. movimentazione interna”.

Proprio per trovare una soluzione strutturale a questi problemi, considerata l’inefficacia delle numerose lettere inviate alla Direzione e al Provveditorato Regionale, nella giornata di martedì si era tenuto un incontro con il direttore generale Beni e Servizi dell’Amministrazione Penitenziaria, Antonio Bianco, durante il quale erano state illustrate dettagliatamente le gravi criticità strutturali del reparto circondariale del carcere di Perugia Capanne. “Criticità – conclude il SAPPE – che debbono trovare urgente soluzione dopo la tragedia di questa mattina”.

Verso un tavolo per l’emergenza carceri

Una tragedia che ha scosso anche le istituzioni. In accordo con la sindaca di Perugia Vittoria Ferdinandi, la presidente della Regione Stefania Proietti ha comunicato che sta valutando l’istituzione di un tavolo sull’emergenza penitenziaria a Capanne e in tutte le carceri umbre.

Proprio pochi giorni fa la presidente Proietti aveva inviato una lettera al ministro della Giustizia Carlo Nordio, e mandata per presa d’atto anche al procuratore generale della Corte di Appello di Perugia Sergio Sottani, anch’egli assolutamente preoccupato per la situazione.

“Nella mia funzione di rappresentante della Regione Umbria – scriveva nella lettera – chiedo un deciso e immediato intervento volto a ridurre l’attuale stato di sovraffollamento dei detenuti e al contempo un deciso rafforzamento del personale, a cominciare dalla polizia penitenziaria. Le chiedo altresì con ogni urgenza di formalizzare il Provveditorato Umbria in luogo del precedente Provveditorato Umbria-Toscana, situazione all’origine di molte criticità e dell’attuale sovraffollamento”.

Caos nei carceri di Spoleto e Terni, la denuncia e le proposte del Sappe

Dopo i disordini nei carceri di Spoleto e Terni nei giorni di San Silvestro e il primo dell’anno, il Sappe (Sindacato Autonomo Polizia Penitenziaria commentando) torna a denunciare carenze di organico e problematiche che rendono difficile e pericoloso il lavoro degli operatori.

A Spoleto, un detenuto marocchino lavorante ha fatto esplodere una bomboletta messa sopra un fornellino all’ingresso della Sezione Transito. Poi ha dato fuoco agli indumenti rendendo inagibili due celle. Due poliziotti sono rimasti intossicati e sono stati dimessi stamattina mentre è da rilevare l’intervento dei vigili del fuoco ieri sera intorno alle 21.30 oltre a tre ambulanze in via precauzionale.

Poi, altro evento critico a Terni, dove tre detenuti marocchini della Sezione G hanno devastato la Sezione, rompendo anche le telecamere, preso a calci e pugni il poliziotto di servizio e cercato di entrare in infermeria. Non riuscendoci, uno di loro è sceso in sorveglianza generale, e una volta bloccato, ha devastato il piano terra e minacciato un collega mettendogli un pezzo di vetro sotto al collo.

Eventi di fronte ai quali il referente umbro per il Sappe, Fabrizio Bonino, si dice “sconfortato” dai numerosi appelli del suo sindacato “rimasti lettera morta a fronte di una situazione penitenziaria regionale grave, pericolosa ed allarmante”.

Donato Capece, segretario generale del Sindacato Autonomo Polizia Penitenziaria, ha espresso gratitudine al capo dello Stato, Sergio Mattarella, perché nel suo discorso di fine anno ha voluto volgere lo sguardo alla realtà penitenziaria delle carceri. “È vero: sono inaccettabili – dice Capece – anche le condizioni di lavoro del personale di Polizia penitenziaria, impegnato “H24” nelle sezioni detentive e i cui appartenenti sono sempre più vittime di aggressioni e atti violenti dalla parte minoritaria della popolazione detenuta più refrattaria a rispettare l’ordine e la sicurezza anche durante la carcerazione. Ma nei nostri istituti di pena si può e si deve ‘potere respirare un’aria diversa da quella che li ha condotti alla illegalità e al crimine’. Noi siamo pronti a dare il nostro contributo”.

La proposta operativa del Sappe è “prevedere un sistema penitenziario basato su tre “gradini”: il primo, per i reati meno gravi con una condanna non superiore ai 3 anni, caratterizzato da pene alternative al carcere, quale l’istituto della “messa alla prova”; il secondo riguarda le pene superiori ai 3 anni, che inevitabilmente dovranno essere espiate in carcere, ma in istituti molto meno affollati per lo sgravio conseguente all’operatività del primo livello e per una notevole riduzione dell’utilizzo della custodia cautelare; il terzo livello, infine, è quello della massima sicurezza, in cui il contenimento in carcere è l’obiettivo prioritario”. Quello del sovraffollamento, secondo il Sappe, “è certamente un problema storico e comune a molti Paesi europei, che hanno risolto il problema in maniera diversa – sottolinea Capece – L’osservazione della tipologia dei detenuti e dei reati consente di affermare che il sistema della repressione penale colpisce prevalentemente la criminalità organizzata e le fasce deboli della popolazione In effetti, il carcere è lo strumento che si usa per affrontare problemi che la società non è in grado di risolvere altrimenti”.

Per il Sappe, “il carcere così come è strutturato oggi in Italia va cambiato. Crediamo sia davvero giunta l’ora di ripensare l’esecuzione penale mettendo da un lato i fatti ritenuti di un disvalore sociale di tale gravità da imporre una reazione dello Stato con la misura estrema che è il carcere: e dall’altro, anche mantenendo la rilevanza penale, indicare le condotte per le quali non è necessario il carcere”. E Capece conclude evidenziando che “i peculiari compiti istituzionali del Corpo di Polizia Penitenziaria sono richiamati nel motto del nostro Stemma araldico: “Despondere spem munus nostrum” (garantire la speranza è il nostro compito), iscritto nella lista d’oro alla base dello stemma. Proprio garantire la speranza è un nostro dovere istituzionale, che le donne e gli uomini della Polizia Penitenziaria svolgono quotidianamente il servizio, nelle carceri per adulti e minori della Nazione, con professionalità, zelo, abnegazione e soprattutto umanità in un contesto assai complicato”.

Detenuto tenta di sfilare le chiavi a un agente e gli frattura una costola

Un detenuto nel carcere di Spoleto ha provato a sfilare le chiavi a un agente addetto alla vigilanza e nella colluttazione gli ha fratturato una costola.

A dare notizia dell’ennesimo caso di violenza è Fabrizio Bonino, segretario per l’Umbria del Sindacato Autonomo Polizia Penitenziaria. Sembra che l’intento fosse quello di raggiungere un altro detenuto per farsi giustizia di uno sgarbo subito. Intento non portato a termine grazie all’agente di sorveglianza, che però è dovuto ricorrere alle cure dell’ospedale di Spoleto, dove è stata appunto accertata la frattura di una costola, con una prognosi di 20 giorni.

“Ai colleghi coinvolti va la solidarietà del SAPPE e un elogio per la professionalità dimostrata” le parole di Bonino. Che però esprime anche una forte protesta nei confronti del Provveditorato di Firenze “totalmente indifferente alle reiterate richieste di trasferimento del detenuto in questione gia’ recidivo a tali comportamenti”.

Dura la posizione del sindacalista umbro: “Ora, dopo questo episodio violento, probabilmente l’ufficio diretto dalla latitante provveditrice penitenziari interdistrettuale Toscana-Umbria Manzelli, verrà trasferito ma naturalmente all’interno della nostra bella regione e così sarà libero di fare altri danni in un altro istituto del distretto”.

Una situazione che si spera possa migliorare con l’annunciato ripristino a Perugia della sede del Provveditorato.

“La situazione penitenziaria è sempre più critica” – commenta il segretario generale del SAPPE, Donato Capece, che ribadisce: “Quanto avvenuto testimonia che il sistema della sicurezza nelle carceri italiane non è adeguato alle esigenze attuali per cui è necessario intervenire. Chiediamo all’Amministrazione penitenziaria di adottare ogni utile iniziativa affinché i detenuti vengano puniti in maniera esemplare, con l’applicazione dell’articolo 14 bis dell’ordinamento penitenziario che prevede particolari restrizioni, per coloro che mettono in crisi l’ordine e la sicurezza degli istituti penitenziari”.

“Continuiamo altresì a chiedere che vengano previste adeguate strutture sul territorio nazionale, ove i detenuti violenti possano scontare la pena in regime chiuso, fino a quando non comprendono che devono rispettare le regole e soprattutto la polizia penitenziaria e tutti gli altri operatori”, prosegue il leader del SAPPE, che fa appello ai sottosegretari alla Giustizia Andrea Delmastro ed Andrea Ostellari per un incontro urgente “al fine di ristabilire subito regole efficaci per garantire ordine e sicurezza, attuando davvero quella tolleranza zero verso quei detenuti violenti che, anche in carcere, sono convinti di poter continuare a delinquere nella impunità assoluta!”.

Violenza nel carcere di Terni, il SAPPE torna a porre il problema dei detenuti psichiatrici

Ancora una episodio nel carcere di Terni. A derne notizia è Fabrizio Bonino, segretario per l’Umbria del Sindacato Autonomo Polizia Penitenziaria (SAPPE). Un detenuto psichiatrico di origine pugliese, ristretto al Padiglione della Media Sicurezza, in stato di forte agitazione, “con inaudita ira e senza alcuna motivazione”, ha aggredito inizialmente il Sovrintendente preposto di turno, tentando di colpirlo sollevando e lanciando la sedia dell’ufficio. Successivamente, in preda ad un vero e proprio raptus violento, vedendo giungere l’assistente capo, ha provato a colpirlo più volte al volto, invano, ma ferendolo comunque al gomito sinistro. Stessa sorte anche all’ispettore di Sorveglianza Generale che, intervenuto nell’immediatezza per cercare di riportare il detenuto alla calma ed accompagnarlo nella Sezione di appartenenza, ha rischiato di essere colpito al volto con una testata.

Il sindacalista evidenzia che il detenuto, prima di calmarsi, ha assunto comportamenti violenti anche nei confronti di un altro ristretto, percosso solo perché intervenuto per riportarlo alla ragione, continuando ad opporre resistenza al personale intervenuto. Solo grazie alla professionalità del personale della polizia penitenziaria di Terni si è evitato che la situazione degenerasse.

Donato Capece, segretario generale del SAPPE commenta, sottolineando il problema dei detenuti psichiatrici: “Quel che sta succedendo nelle ultime settimane nelle carceri – tra suicidi, aggressioni, risse, evasioni – è di inaudita gravità ed è la conseguenza dello scellerato smantellamento delle politiche di sicurezza delle carceri attuato nel passato. Il sistema penitenziario, per adulti e minori, si sta sgretolando ogni giorno di più e ha assoluta necessità di interventi urgenti”.

Per il leader nazionale del SAPPE, “ci sono troppi detenuti che presentano problemi psichiatrici. Questa una delle gravi problematiche che al momento interessa le carceri italiane, e purtroppo non risparmia neanche Terni. Con la scellerata ed improvvida chiusura nel 2015 degli Ospedali Psichiatrici Giudiziari e il passaggio alle REMS, le residenze per l’Esecuzione delle Misure di Sicurezza, i posti a disposizione per ospitare i detenuti con questi disagi non sono sufficienti a colmare le reali necessità e per questo molti di loro sono stati rinchiusi nelle carceri. È così che anche a Terni” gli agenti della Polizia Penitenziaria, pur non avendo le competenze necessarie, sono chiamati a gestire queste persone con le più svariate problematiche mentali”.

Il leader del SAPPE ricorda, inoltre, che “il problema dei detenuti con disagio psichiatrico è la prima e più importante emergenza nazionale nelle carceri italiane. La riforma che ha previsto la chiusura degli Ospedali Psichiatrici Giudiziari non ha indicato delle valide alternative, tant’è che è stata bocciata anche dalla Corte costituzionale”.

“Si riparta da questi gravi fatti caduti nel carcere di Terni, al netto delle attestazioni di solidarietà e vicinanza ai poliziotti feriti – conclude Capece – per porre fine all’onda lunga dello smantellamento delle politiche di sicurezza dei penitenziari attuato nel passato. Smembrare la sicurezza interna delle carceri con vigilanza dinamica, regime aperto ed assenza di Polizia Penitenziaria ha infatti favorito inevitabilmente gli eventi critici, che sono costanti e continui”.

“Ri-costruire il futuro”: detenuti di Capanne hanno trovato già lavoro

Presentati nella sede del Cesf-Centro edile per la sicurezza e la formazione di Perugia i risultati del progetto “Ri-costruire il futuro – per l’integrazione socio-lavorativa dei carcerati” che, partito nel mese di febbraio, aveva come obiettivo la formazione professionalizzante dei detenuti e il successivo inserimento lavorativo nelle imprese del territorio. Progetto che in pochi mesi ha portato all’inserimento lavorativo di cinque detenuti che beneficiano delle misure diurne alternative alla detenzione.

Nella prima fase del progetto, sostenuto dalla Fondazione Perugia, i funzionari dell’istituto penitenziario hanno selezionato 25 detenuti tra quelli in possesso dei requisiti per accedere ai benefici dell’articolo 21 (e dunque che possono essere autorizzati ad uscire dal carcere durante il giorno per recarsi al lavoro). Tra questi, i delegati del Cesf hanno individuato 15 allievi interessati a lavorare nel settore delle costruzioni sia durante il periodo di semi-libertà che a fine pena.

Dal 15 maggio questi allievi hanno iniziato a frequentare le lezioni dapprima nel laboratorio attrezzato all’interno del complesso penitenziario e, successivamente, nel cantiere-scuola appositamente creato all’interno del perimetro carcerario. Nel corso dei mesi, alcuni partecipanti si sono ritirati per ragioni diverse, mentre quelli che hanno portato a compimento il percorso sono stati nove.

Nel mese di settembre sono stati avviati i colloqui tra le associazioni datoriali del settore e le imprese edili del territorio per individuare quelle disponibili ad inserire nel proprio organico gli allievi potenziali beneficiari delle misure alternative alla detenzione e, successivamente, si sono svolti i colloqui individuali tra i rappresentanti delle imprese e i partecipanti al corso. Il corso si è concluso il 23 ottobre con la consegna degli attestati ai partecipanti.

“Per la realizzazione del percorso formativo – ha sottolineato Salvatore Bartolucci, imprenditore e coordinatore del corso – è stata fondamentale la sensibilità delle aziende sia quelle che si sono rese disponibili ad accogliere i detenuti alla fine del percorso sia quelle che hanno contribuito, vista la finalità sociale dell’iniziativa, mettendo a disposizione con sconti importanti, o addirittura gratuitamente, alcuni materiali e attrezzature indispensabili per la realizzazione delle attività. In particolare, un sentito ringraziamento va alle aziende Mac srl, Kimia spa e Sir Safety System spa. Questa iniziativa ha rappresentato la prima tappa di un percorso. Le parti sociali, infatti, hanno già deciso di rifinanziare un’altra esperienza analoga che miglioreremo nei contenuti, nei tempi e anche nella possibilità di entrare nel mondo del lavoro”.

A presentare i risultati del progetto sono stati Antonella Grella, direttrice del Nuovo Complesso Penitenziario Perugia “Capanne” e Salvatore Bartolucci, imprenditore e coordinatore del corso. Erano inoltre presenti Agostino Giovannini, presidente Cesf, Giuliano Bicchieraro, vicepresidente Cesf e Segretario Filca-Cisl Umbria, Albano Morelli Presidente Ance Umbria, Elisabetta Masciarri, segretario Fillea-Cgil Umbria, Moreno Mattiacci, membro della Segreteria di Feneal-Uil Umbria, Pasquale Trottolini, direttore Cna Costruzioni Umbria e Augusto Tomassini, presidente di ANAEPA Confartigianato Edilizia Perugia e Amato Naticchioni, imprenditore in pensione che ha messo a disposizione le sue competenze come docente del corso. Il progetto rientra nell’ambito del Protocollo d’intesa per promuovere l’inclusione dei detenuti sottoscritto nei mesi scorsi da tutte le parti sociali che hanno sostenuto l’iniziativa.

Nel ringraziare Fondazione Perugia per l’importante sostegno dato al progetto, la direttrice del Nuovo Complesso Penitenziario di Perugia “Capanne” Antonella Grella ha sottolineato come “Il percorso sia stato molto importante perché ha potuto offrire ai detenuti una formazione specifica nel settore edile. Se il carcere, infatti, ha come mandato quello di promuovere percorsi di reinserimento lavorativo è prima di tutto importante fornire delle competenze specifiche che trovino un riscontro positivo nel mondo del lavoro. Grazie a questo progetto abbiamo potuto creare una connessione tra l’ambito lavorativo e il contesto carcerario, ne siamo molto contenti e confidiamo di poter ripetere questa esperienza anche in futuro”.

Il presidente di Ance Umbria Albano Morelli, oltre a ringraziare tutti coloro che si sono prodigati per la riuscita del progetto, ha espresso la sua profonda soddisfazione: “E’ la dimostrazione concreta di come il settore edile sia strettamente connesso con la società civile, non solo nel suo ruolo più evidente di costruzione e manutenzione di edifici e infrastrutture, bensì anche in quello di fucina di opportunità o -come dimostra questo percorso – di seconde opportunità. Da sempre crediamo nel lavoro e nella sua dignità come elemento di crescita umana, prima ancora che professionale, per questo non potevamo esimerci dal mettere con entusiasmo le nostre energie e le nostre imprese a disposizione della rieducazione e del reinserimento di queste persone”.

Anche per il presidente di CNA Costruzioni Umbria, Emanuele Bertini “il progetto rappresenta un importante momento di condivisione e di coinvolgimento delle fasce più fragili della società, con l’intento di dare piena realizzazione agli obiettivi di reinserimento e riabilitazione previsti dal nostro ordinamento e dalla Costituzione stessa. Per questo ne riconosciamo il grande valore sociale e morale”.

Così Pierangelo Lanini, presidente regionale ANAEPA Confartigianato Edilizia Umbria: “Siamo felici ed orgogliosi di essere stati insieme ad Ance e Cna e le parti sociali tutte, parte in causa nel sostenere questo progetto perché dare una seconda possibilità a chi esce da un percorso di vita è fondamentale per la propria dignità e permette di realizzarsi come persona. Ricreare una passione ed un amore per il lavoro è proprio di ogni essere umano e tipico dello spirito Artigiano che noi rappresentiamo”.

“Per noi Il lavoro è dignità – ha concluso Elisabetta Masciarri, segretario Fillea-Cgil Umbria anche a nome dei Segretari di Filca-CISL Umbria, Giuliano Bicchieraro, e di Feneal-UIL Umbria Alessio Panfili – per questa ragione il protocollo carceri e la conseguente attività di formazione di alcuni detenuti è un percorso che ci rende orgogliosi del sistema bilaterale. Abbiamo investito in questa idea, perché riteniamo che il recupero passi anche attraverso la creazione di un percorso di lavoro, per questo ringraziamo tutti coloro che hanno contribuito fattivamente alla riuscita del progetto”.