Scarsa innovazione, la spinta da cluster e imprese accademiche
Secondo i dati dell’Eurostat, rispetto alla media nazionale e alle regioni europee simili per dimensione, popolazione e livello di Pil, l’Umbria si caratterizza per un peso della manifattura superiore, ma al tempo
stesso per una minore presenza nei comparti a più alto contenuto tecnologico, che impiegano il 4,1% degli addetti (5,2% in Italia e 4,7% nel cluster).
Tuttavia gli analisti della Banca d’Italia rilevano come questa connotazione spieghi solo parzialmente i contenuti livelli di investimento in ricerca e sviluppo del settore privato regionale. Nel 2021 (l’ultimo anno per il quale sono disponibili i dati Eurostat) la spesa sostenuta dalle aziende umbre in rapporto al PIL, seppure in crescita, è rimasta pari alla metà di quella osservata in Italia e a un terzo di quella del cluster europeo.
Il differenziale negativo è solo attenuato dal ruolo più rilevante assunto in regione dalla componente universitaria, la cui intensa attività di ricerca si è tradotta in un’elevata propensione alla costituzione di imprese accademiche.
Anche il rilascio di brevetti risulta tradizionalmente molto ridotta in Umbria. Secondo i dati dell’OCSE, nel periodo 2007-21 il numero di brevetti depositati annualmente da soggetti umbri presso l’Ufficio europeo dei brevetti (European Patent Office, EPO) in rapporto alla popolazione è risultato pari alla metà della media italiana e a un quinto nel confronto con il cluster; il divario è rimasto sostanzialmente immutato durante tutto il periodo considerato.
Analogamente, per quanto concerne lo sviluppo digitale del sistema produttivo, fattore rilevante per sostenere la capacità innovativa e la competitività di un territorio nel lungo periodo, la regione mostra un ritardo rispetto al Paese, che negli ultimi anni si è ampliato.
