Skip to main content
artigiani

Lo studio: così sta cambiando l’artigianato in Italia e in Umbria

Dall’artigiano di bottega all’artigiano digitale, più urbano e connesso, capace di rispondere a bisogni nuovi. Ma sempre con una professionalità, frutto di esperienza pratica o formazione, che contraddistingue il suo lavoro rispetto agli improvvisati del mestiere. Unioncamere e InfoCamere raccontano che si sta modificando nel tempo nel lavoro dell’artigiano. Partendo dai numeri. Dal 2022 al 2024 in Italia gli estetisti sono aumentati del 7,7%%, i tassisti del 5,8%% e gli specialisti Ict del 5,4%, mentre arretrano i mestieri tradizionali come falegnami (-7,1%)imbianchini (-8,5%) e trasportatori (-1,7%). Un cambiamento di pelle che rispecchia la trasformazione dei consumi e dei modelli di vita: si chiede più benessere, più personalizzazione, meno prodotti standardizzati. E l’artigianato risponde, rinnovandosi là dove trova terreno fertile.

In Umbria la trasformazione è più lenta

Anche l’Umbria partecipa a questa evoluzione, ma con più lentezza e maggiore fragilità.
Secondo l’elaborazione su dati Unioncamere-Infocamere della Camera di Commercio dell’Umbria, nel biennio 2022-2024 gli artigiani estetisti passano da 579 a 615 (+6,2%), i tassisti da 78 a 80 (+2,6%), mentre i serramentisti crescono da 281 a 312 (+11%).
A perdere terreno sono i falegnami (da 279 a 263, -5,7%) e gli elettricisti (da 862 a 820, -4,9%), due professioni simbolo del mestiere tradizionale. Tra i mestieri più tradizionali in calano i trasportatori, che aumentano del 5,1% a fronte del 1,7% dell’Italia nello stesso periodo di riferimento.

Ma la fotografia complessiva resta in chiaroscuro: dal 2015 le imprese artigiane umbre sono scese da 21.948 a 19.365 (-11,8%), un calo più marcato dell’8,5% medio italiano.
Rispetto al 2019 la contrazione è del 5,4%, contro il 3,5% nazionale.
Un trend che riflette una difficoltà strutturale del sistema produttivo regionale ad adattarsi a un contesto in rapido mutamento, dove innovazione e specializzazione sono sempre più decisive per sopravvivere.

Il commento del presidente Mencaroni

Commenta Giorgio Mencaroni, presidente della Camera di Commercio dell’Umbria: “I dati confermano che l’Umbria soffre più di altre regioni la contrazione dell’artigianato, e questo deve interrogarci con grande serietà. Non parliamo solo di numeri, ma di un intero modello produttivo che fatica a rinnovarsi. Troppi piccoli imprenditori restano soli, senza un adeguato supporto nella transizione digitale e senza accesso agevole a strumenti finanziari o reti di collaborazione. È una fragilità che non riguarda la qualità del lavoro artigiano, che in Umbria resta altissima, ma la difficoltà di adattarsi a un mercato in cui tecnologia, formazione e competenze nuove sono ormai imprescindibili. È qui che le istituzioni devono fare la differenza: non bastano incentivi episodici, servono percorsi di accompagnamento continui, politiche industriali che premino l’innovazione, la formazione tecnica e il ricambio generazionale. L’artigianato non solo è tra i pilastri dell’economia reale, ma anche una componente culturale profonda della nostra identità regionale: custodisce saperi, tradizioni e un rapporto diretto con la qualità del prodotto che non può essere sostituito. Per questo, la Camera di Commercio dell’Umbria continuerà a lavorare perché questo patrimonio non vada disperso, ma diventi parte di una nuova stagione di sviluppo, più consapevole, più digitale e più radicata nel territorio. Perché senza un artigianato forte, l’Umbria perde un pezzo della sua anima produttiva e civile”.

L’innovazione che stenta a decollare

Il divario più evidente riguarda il fronte dell’innovazione digitale.
In Italia le imprese artigiane dell’Ict (Information and Communication Technology) sono aumentate del 5,4%, ma in Umbria sono rimaste ferme (erano solo cinque nel 2022 e tali sono rimaste). È un dato che sintetizza bene il ritardo nella transizione verso le nuove tecnologie, la digitalizzazione dei processi e l’uso dei canali online.

La stessa distanza si ritrova in altri comparti: ad esempio i serramentisti crescono in Italia del 39,9% e in Umbria dell’11%; i tassisti +7,2% nel Paese e +2,6% nella regione.
Il passo è più corto, ma non inesistente: il nuovo artigianato umbro esiste, solo che procede a velocità ridotta, tra difficoltà di investimento e mancanza di ricambio generazionale.

Chi tiene acceso il motore del mestiere

Secondo Unioncamere-Infocamere, la tenuta dell’artigianato italiano si deve a donne, giovani e imprenditori stranieri, che portano nuove energie e modelli di impresa.
Le imprese femminili in Italia crescono tra estetisti (+11%) e tassisti (+14,8%), gli under 35 trainano i settori digitali (+15,6% per gli specialisti Ict), e gli imprenditori stranieri mostrano una vitalità straordinaria (+29% tra gli specialisti Ict e +28% tra i tassisti).

Il segnale è chiaro: il futuro del lavoro artigiano italiano passa dal rinnovamento anagrafico e culturale, dalla contaminazione di competenze, e dall’ingresso di chi porta nuove visioni imprenditoriali.

L’artigianato umbro non perde significato deve cambiare ritmo

In Umbria, dunque, l’artigianato perde numeri ma non significato.
Le botteghe tradizionali diminuiscono, ma si consolidano le attività più flessibili, legate ai servizi, alla cura e alla qualità del prodotto personalizzato.
È un’evoluzione silenziosa, fatta più di adattamento che di rivoluzione, che tuttavia tiene accesa la fiamma di una tradizione antica.

Resiliente ma non immune, il sistema umbro mostra una forza di fondo che può essere rilanciata con investimenti in competenze, formazione digitale e passaggi generazionali ben accompagnati.
Oggi, accanto alla pialla e al martello, l’artigiano usa lo smartphone e il computer: strumenti diversi, ma la stessa idea di lavoro fatto con le mani, con la testa e con il cuore.