Angelantoni Life Science, dipendenti sospesi dopo la decisione del Tribunale
E’ stato un Natale amaro per i dipendenti della Angelantoni Life Science di Massa Martana, dopo la scelta del Tribunale di Spoleto di non provare a gestire l’azienda in continuità, sospendendo i dipendenti. Un limbo senza ammortizzatori sociali, senza retribuzione e contribuzione, in cui ancora non si è licenziati, non si hanno diritti, neppure la disoccupazione.
Anche se la ripresa produttiva non sarebbe stata agevolata dalle dimissioni di diverse figure professionali che erano in organico, Fiom Cgil Perugia ritiene che “sarebbe stato possibile provare puntando su alcune delle attività e dei prodotti presenti. Nel restare a fianco dei lavoratori della Angelantoni Life Science, purtroppo segnaliamo un clima di disimpegno che rende ancora più complicato trovare soluzione a una vertenza che non doveva esistere, assurda quanto desolante. L’aspettativa mai sottaciuta anche dal sindacato, era, ed è, che si operi per il subentro di un’impresa capace di riavviare la produzione, in particolare che il socio di minoranza, l’Angelantoni Industrie, compisse un atto di responsabilità verso chi per anni aveva lavorato anche alle sue dipendenze e a cui era stato detto che l’acquisizione del 70% da parte di una società cinese sarebbe stata una opportunità di crescita”.
“Purtroppo – prosegue la Fiom Cgil Perugia – è noto come questo progetto si sia rivelato fallimentare e che solo grazie alla azione dei dipendenti di Als si è potuta aprire la liquidazione giudiziale, per cui la disponibilità dell’azienda è stata sottratta alla proprietà cinese che in questi mesi si era rivelata un’interlocutrice assolutamente inaffidabile, incapace persino di gestire le minime attività dirigenziali”.
“La speranza che a prevalere fosse il senso di responsabilità – dichiara l’organizzazione sindacale – si è raggelata alle notizie di questi giorni. La situazione emotiva dei lavoratori è di frustrazione, alcuni di essi, una decina, che erano stati richiamati a lavorare dal socio di minoranza con un contratto fino a dicembre, avranno una proroga di tre mesi, un’altra quindicina erano ancora in cassa integrazione a zero ore pur avendo più volte segnalato la propria disponibilità a svolgere la propria mansione o qualunque attività necessaria al tribunale, a partire dall’inventario, e ora come detto sono in sospensione. È prevedibile che, al solito, una vicenda italiana si concluda con una dismissione in cui tutti dichiarano di non aver colpe. Il rischio concreto è che si chiuda una storia non per crisi di mercato ma per mancanza di imprenditori seri. In questo tempo non abbiamo visto alcun impegno concreto dal mondo imprenditoriale per cercare una soluzione, per recuperare una realtà di eccellenza nel settore biomedicale, proponendosi di rilevare quel poco che rimane in termini di occupati, sostenuti però da progetti e prodotti ancora validi”.
La Fiom Cgil attribuisce le colpe di questo fallimento “ad altri che non siano gli amministratori cinesi, ma segnala che oramai troppo spesso siamo a vedere le nostre aziende vendute a soggetti finanziari che non hanno nessun orizzonte se non la prospettiva di un veloce guadagno per chi la vende. Nonostante tutto, chiediamo ancora di tentare di cedere l’azienda in blocco, nella prospettiva della ripresa dell’attività produttiva, ritenendo che le istituzioni, a partire da quelle regionali, debbano intervenire per scuotere dal torpore questo territorio, ponendo solo in subordine la vendita ‘a pezzi’ al solo scopo di ricavare quanto più possibile da ripartire tra i creditori”.
“Il tempo – conclude la Fiom Cgil Perugia – ci dirà se per questi lavoratori ci sarà la prospettiva di poter dar valore ai sacrifici fatti continuando a esprimere una professionalità acquisita dopo anni di esperienza oppure se la prospettiva potrà essere solo quella di recuperare i crediti che avevano maturato come le ultime quattro mensilità non pagate. Ribadiamo in maniera esplicita che in questi anni di crisi del manifatturiero non è pensabile che si chiudano delle attività nella completa indifferenza, a partire da queste situazioni che si deve cercare la via di uscita dal degrado economico del nostro territorio. Angelantoni Life Science aveva più di 70 dipendenti e promesse di crescita che non sono state mantenute”.
