
Amministrazione penitenziaria, operativo il nuovo Provveditorato Umbria – Marche con sede a Perugia
Con la pubblicazione nel Bollettino ufficiale del ministero della Giustizia è diventato operativo il nuovo Provveditorato dell’amministrazione penitenziaria di Umbria e Marche, con sede a Perugia. Un provvedimento molto atteso, perché dal precedente accorpamento con la Toscana i penitenziari umbri sono risultati molto penalizzati, come denunciato in più occasioni anche dai sindacati di polizia penitenziaria.
Un risultato salutato con favore da tutte le forze politiche.
Dalla precedente amministrazione di centrodestra, che per questo si era battuta, con l’ex presidente Tesei che, attraverso l’on. Marchetti, aveva più volte sollecitato il Governo in tal senso. “Con questo atto si chiude la stagione dei maxi-provveditorati voluti dalla sinistra, che hanno penalizzato territori come il nostro” commentano la stessa Tesei e il capogruppo della Lega, Melasecche.
E dall’attuale maggioranza di centrosinistra, con la presidente Proietti, che ricorda le conseguenze negative dell’accorpamento dei Provveditorati a Firenze avvenuto nel 2017 ed auspica che questa nuova organizzazione possa contribuire a risolvere i problemi dei quattro carceri umbri, per i detenuti e per chi ci lavora.
L’assessore Barcaioli guarda oltre: “Con il Provveditorato finalmente operativo, il vero banco di prova sarà la capacità di trasformare la gestione delle carceri in una politica di umanità. Ora serve un cambio di approccio da parte di chi finora ha limitato la propria visione a sorvegliare e punire. È fondamentale garantire percorsi di reinserimento e supporto a chi ha commesso un crimine, se davvero vogliamo abbattere la recidiva”. E ancora: “Serve andare oltre il sovraffollamento delle strutture, aumentare il personale oggi insufficiente e superare l’approccio punitivo voluto dal decreto sicurezza. Sono necessarie strutture adeguate e strumenti efficaci per tutelare la salute mentale, garantire la sicurezza e favorire le opportunità di recupero per chi vive in carcere. Senza questo, il Provveditorato rischia di restare un esercizio burocratico senza effetto reale”.